fifi
IJarte Prima — Alta Italia
altri, certo leggiadro e svelto nell'effetto. « Se — scrive il rammentato Selvatico — le finestre già esistenti e le varie altezze delle sale sforzavano 1 architetto ad una distribuzione disordinata, non bastano le parole a lodare la bellezza delle scolture, cosi nei singoli ornamenti delle pareti come di quelli dei cornicioni vaghi, gentili, varii, ricchissimi e lavorati tanto squisitamente che appena dai romani fregi possono essere superati. V'ha nulla di più finito di quei trofei che riempiono 1 riquadri dei pilastri, nulla di più gaio di quegli ornatini che girano intorno ad alcune finestre, nulla di più festoso della trabeazione del secondo ordine e specialmente del terzo, raro capolavoro pel magistero delle foglie così bene intrecciate con quelle mezze figure femminili e quei cavalli marini. In fatto d'ornamenti questa facciata è un tesoro! ». Accresce poi in ispecial modo la maestà di questo lato del cortile lo scalone detto dei Giganti — dalle due statue colossali, aggiuntevi, come fu detto, dal Sansovino — concezione pur essa elegante e maestosa ad un tempo dell'autore della facciata Antonio Rizzo (fig. 47).
Una leggenda, che ebbe in parte la consacrazione dal celebre quadro di Hayez — uno dei più imperdonabili anacronismi artistici che si conoscano — voleva il doge Marò Fallerò decapitato alla sommità di questo scalone... costrutto centoventicinque e più anni dalla esecuzione del doge traditore ; e neppure è da ammettersi l'altra leggenda che vuole Marili Fallerò decapitato al sommo della scalinata detta la f oscura, costrutta pur questa durante il dogado di Francesco Foscari, che è quanto dire quasi un secolo dopo la morte del Fallerò. Invece è da ritenersi che la esecuzione avvenisse al sommo dello scalone preesistente alla Foscara, ed eretto nel 1340, quando l'interno del palazzo Ducale — ed anche l'esterno — avevano aspetto ben diverso da quello che loro fu dato (copiando le prospettive attuali) dai pitturi che vollero rappresentare il tragico avvenimento.
Dello stesso Rizzo, nelle nicchie di fronte allo scalone dei Giganti, sono le due statue dei progenitori Adamo ed Eva, lavorate con maestria insuperabile e tali da essere riguardate coinè due capolavori dell'arte del Rinascimento.
Il lato settentrionale del cortile, poggiante contro la basilica di San Marco, e detto dèli'Orologio, fu compiuto nel 1602 — sui disegni dì Bartolomeo Mono-pola, proto della fabbrica e del suo aiutante Antonio di Pietro da Cittadella — colla demolizione della scala Foscara e di altre costruzioni ivi esistenti. Consta principalmente della cappella particolare del doge dedicata a San Nicolò, esistente fin dal 1012, ed ampliata sotto il doge Leonardo Loredan, sui disegni di Guglielmo Bergamasco, e dell'edilizio dell'Orologio a due ordini uno ad archi a pieno centro e l'altro, il superiore, a sesto acutu, reggente il magnifico frontone o timpano ov'è incastrato il quadrante dell'orologio. Anche questa fronte è ricca di scolture e d'ornamenti d'ogni specie; notevoli alcune statue antiche e la slatua di Francesco Marco 1 Della Rovere duca d'Urbino,
scolpita da Giovanni Randini e regalata alla Repubblica di Venezia dal figlio Francesco Marco II Della Rovere, già capitano della Serenissima. E in veste di guerriero romano sopra un grande piedestallo entro magnifica nicchia.
La facciata meridionale del cortile ha le stesse lìnee ricorrenti della facciata occidentale; nel mezzo di essa si apre l'arco o porta del Frumento, per il quale si esce dal palazzo sul Molo, o più propriamente riva della laguna. Sotto l'andito si notano varie lapidi infamatorie per ladri del pubblico danaro e, sotto il porticato, le bussole delle lettere, o bocche del leone, per le de-nontie segrete. Bellissimi i puteoli od orli da pozzi in bronzo, sulla linea centrale del cortile, lavori della metà del secolo XVI, dovuti l'uno ad Ottavio Alberghetti e l'altro a Natale Conti (fig, 48). Sono ornati di figure allegoriche e di vaghi fogliami. A salvaguardia dì questi due lavori fu proibito l'attingere acqua ai due puzzi del palazzo.
Loggiato o portico terreno. — Quivi, ai tempi della Serenissima, erano gli ulfici di diversi importanti Magistrati, quali: il Magistrato delle acque, della Milizia di mare, ùc\XArmar, dei cinque Savi alia mercanzia. Sotto l'Austria vi ebbero sede la Camera di commercio e, liei locali destinati alla Borsa, Francesco Ilayez lasciò pregevoli affreschi.
Loggia superiore — Al sommo della scala dei Giganti, appena messo piede sulla loggia superiore, l'occhio corre alla suntuosa lapide commemorativa della venula di Enrico 111 re di Francia a Venezia, scolpita da Alessandro Vittoria, con figure ed attributi analoghi alla circostanza. E vicino, dal lato di San Marco — ove un tempo era la scala coperta per la quale il doge ed i magistrati recavansi nella basìlica -— sonvi due affreschi, di Tiziano l'uno e l'altro del fratello suo Francesco Vecellio. In questa loggia, non sempre o totalmente aperta al pubblico, erano uffici importantissimi del governo veneto : quali la Cancelleria ducale inferiore, la stanza dei tre deputati alla provvista del danaro pubblico, poi quella delle Bolle e diplomi ducali, indi la Scala d'oro. Seguono la stanze degli Avogadori (giudici ed inquisitori), ornate di pregevolissimi dipinti, tra cui un Cristo moria di Giovanili Bellini, un leone di Donato Veneziano e varie tele del Tintoretto. Da queste stanze, per una scala interna, si scendeva nelle prigioni di Stato dette dei Pozzi, nella realtà — come a suo tempo si vedrà — assai migliori della triste fama che loro fu fatta, dagli scrittori romantici specialmente. Per un'altra porta la stanza degli Avogadori si apriva sul ponte dei Sospiri, costrutto nel 1600 da Antonio da Ponte, allorché, tolte le prigioni dal palazzo e costrutto il nuovo edilìzio al di là del rivo vicino, si volle unire il palazzo con quelle, onde fossero più agevoli le comunicazioni tra giudici e giudicandi. Seguono a quelle degli Avogadori le stanze che servivano agli uffici: dei censori, del Magistrato alle biade, dell'auditore novo, del calaver, del piovego (o del pubblico), dei tre regolatori sopra la scrittura, del Magistrato sopra i monasteri.