10(116
Parie Prima — Alta Italia
dal cantonale, (cioè dal punto ove si scorge Venezia seduta fra due leoni, scultura locata sopra il traforo della colonna di maggior diametro sui prospetto guardante la Piazzetta) dove fu lasciato il vecchio, si tirò fino ulta porta grande che si chiama huru alta Carta, et coperta la faccia di marmi rossi et bianchi distinti in piccioli quadri, il detto Principe vi fabbricò la porla di marmo, con la sua statua con diverse figure.
Questa porta fu cominciata i 9 gennaio 1439 e fu, secondo la Cronaca Trevisan, pressoché contemporanea, lavorada de man di maestro Bartolo Taja-pietra da Santa Maria dell Orto; il che sarebbe alquanto inesatto, constando dai documenti del Magistrato del sale, di recente pubblicati, che '/nane Bori Tujapielra ed il di lui tiglio Cartolo si assunsero di costruire per ducati 1700 la porta grande, dabasso del palazzo a leali la giesia dì missier San Marcito. Il Giovanni flou o Buono, che, insieme al figlio Bartolo o Bartolomeo, lavorò a questa porta, appartenne certamente a quella famiglia di artisti, o scultori o architetti lombardi, che tra la seconda metà del secolo X\ e la prima metà del X\I abbellirono Venezia il una quantità di lavuri mirabili dell arte più pura ed elegante del Rinascimento.
Questi lavori furono compiuti durante il dogalo di Francesco Foscari, alla morte del quale, avvenuta nel 1457, la fabbrica era già giunta fino ali imposta del granile arco di fronte alla scala dei Giganti. 1 lavori continuarono con maggiore o minore alacrità, a seconda dei mezzi disponibili e delle preoccupazioni politiche della Repubblica, sotto il dogado di Pasquale Malipiero (1457-02); ma dogando Cristoforo Moro, uomo munifico ed amante delle belle arti i lavori del palazzo ebbero un vigoroso impulso, per modo che fu compiuta tutta la facciata verso la Piazzetta, come appare dalle armi di questo doge scolpite sul pi.iaculo centrale soprastante al grande \erone, l'ornamentazione del quale fu compiuta sotto il dogado di Andrea Gritti (1523-38). che volle essere rappreseutato nel grande bassorilievo, sopra all'arco, inginocchiato davanti al simbolico leone dell'Evangelista.
Questo bassorilievo, ch'era un ottimo saggio dell'arte rinascente, venne, per volgare fanatismo d'ignoranti innovatori, scalpellato nel 1797, alla caduta della Bejubblica; ma in questi ultimi anni fu rifatto e collocato nel luogo voluto a compimento della magnifica decorazione della finestra.
Verso la fine del secolo XV i due lati esterni del sunluoso edilizio potevansi — salvo qualche particolare decorativo — dire finiti; ma rimaneva sempre a compiersi la parte interna ed il lato orientale del cortile. A far decidere il Senato, non sempre propenso alle grandi spese che. l'opera importava, accadde nella notte dei 14 dicembre 1483, un gravissimo incendio
— minutamente descritto negli Annali del Malipiero
— pel quale, arsero la cappella, la stanza e la sala dorata detta delle do nape. Costretto dall'urgenza dei caso a riparare, il Senato votò, stante le strettezze
nelle quali, perle guerre sostenute, versava la Repubblica, 6000 ducati; ma poi, ritornando su questa decisione, il Senato votò la ricostruzione completa anche di questa parte, che ormai era la più antica del palazzo. Soprastante o proto ai lavori fu Antonio Rizzo
0 Riccio o Rizo, come è anche chiamato nelle cronache del Sauudo ed appartenente alla corporazione artistica dei Lombardi. Costui, scrive il Merzario, imprese a fare quella parte del prospetto interno, che si lega colla tanto rinomata, e parimente opera sua, scala dei Giganti, sulla quale, scrive il Selvatico, dev'essere egli giudicato. La scala la si volle allo scoperto all'esterno, a fine di darle aspetto magnifico quale convenivasi al-
1 ingresso nella sede primaria del Governo e far risaltare in modo spettacolosi) le comparse della Signoria, che di là doveva scendere per recarsi in piazza. « Essa — dice il Selvatico — più riccamente non poteva adornarsi, nè meglio avrebho potuto giovare allo scopo, se il Sansovino, nel 15G6, non la avesse iuimeschinita con quei due non belli, ma enormi colossi che le meritarono il nome che essa pur serba al presente ». Il Rizzo fece incrostare tutta la scala di marmi finissimi e intagliare al di dentro e al di fuori le due balaustrate da due peritissimi lapicidi: da maestro Bernardino da Bissone e da un maestro Domenico Solerio o Solari, pur essi, come i loro nomi denotano, Lombardi. Il Rizzo seppe inoltre, con fine accorgimento, qua e colà, in diversi punti dell'interno, spargere multiformi, ma correttissimi ornamenti per far scomparire parecchi sconci apportati alle fabbriche dagli incendi e ingannar l'occhio colla perfezione degli intagli. Nei due piani inferiori, dove stendevano gallerie e portici, mantenne lo stesso ordine con castigata originalità.
Secondo il Selvatico è pure del Rizo il disegno del iato del palazzo prospettante il rivo delle prigioni, alle quali fu più tardi unito col ponte dei Sospiri. Lo stesso autore nota anche in questa parte, poco appariscente e visitata raramente, del palazzo Ducale grande scieuza di scalpello, specialmente nell'elegantissimo eucarpio che gira intorno alla porta rettangola ed in tutte le altre modanature, nelle quali « ravvisa la briosa continuità della vera arte lombardesca ».
Negli Annali del Malipiero è narrato che il Rizo fu fatto proto della « nuova fàbbrica del palazzo nel 1483 e che per quella fabbrica, nel 1498, quando l'uggì da Venezia perchè sospetto di prevaricazione, erano stati spesi 80.000 ducati ».
Il Rizo era pagato, per le sue prestazioni, con annui ducati 125; somma tanto esigua che costrinse l'artista a fare una supplica al Magistrato del Sale, sopraintendente per la parte finanziaria a tali lavori, perchè gli fosse concesso un aumento, non potendo egli con quella paga tirare avanti la numerosa famiglia (nove figli), nè provvedere alla propria vecchiaia, perocché il lavoro commessogli tanto lo assorbiva che aveva dovuto chiudere la bottega da marinista che molto gli rendeva e ricusare ogni altra commissione. Il Magistrato dei Sale, con decisione del 10 ottobre 1491 — riportata dal dotto Cadorin nella pregevole