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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Genova e Porto Maurizio
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1892, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ti-2
   l'arte Prima — Alta Italia
   non potè neppure ottenere un'udienza dall'imperatrice
   ina ebbe invece amari rimproveri dal ministro Ultcfeld.
   Gli strazi di Genova trovavano un'eco di riprovazione in tutta l'Europa. Perfino il pontefice Benedetto XIV scrisse al nunzio a Vienna di interporsi in favore di Genova presso Maria Teresa
   ma senza alcun frutlo che di vane lusinghe
   smentite subito dai fatti. Ornai l'inferocire dei generali austriaci era giunto al colino
   Non bastavano altre somme tolte alle casse della banca di S. Giorgio
   si volevano anche le armi e le artiglierie della città per inviarle all'esercito austrìaco in Provenza ; nò bastava pigliarle
   s'imponeva ancora alla cittadinanza di trainarle ai posti indicati per essere imbarcate.
   La concitazione del popolo era ornai al colmo. Bastava il minimo incidente per farla prorompere
   e questo incidente non si fece a lungo aspettare.
   Era il giorno 5 dicembre
   sul far della sera
   quando
   nelle vicinanze dell'ospedale di Pammatone
   affondò un mortaio trascinato da un manipolo di Austriaci. Costoro volevano coi soliti modi prepotenti obbligare i popolani presenti a prestare loro aiuto per trarlo fuori dalla fossa dove era sprofondato. Al naturale rifiuto un soldato avendo percosso col bastone uno dei presenti
   dalla folla proruppe un urlo d'indignazione
   e un giovanetto
   Giambattista Perasso
   soprannominato Balilla
   saltato con un sasso in mano sopra il mortaio
   lo scagliò contro i soldati gridando nel patrio vernacolo: Che Vinse? che significa: Ch'io la rompa? All'atto audace tenne dietro un coro di plausi
   c dalla folla e dalle circostanti finestre cominciò a piovere sugli Austriaci una fitta grandinata di sassi
   mortai
   utensili e masserizie di ogni genere
   per cui
   sebbene due volte tornati all'assalto colle daghe sguainate
   dovettero finalmente ripiegare davanti al furore popolare e fuggire ai quartieri.
   La folla si diresse quindi al palazzo di città chiedendo le armi
   che furono negate. Intanto l'agitazione si allargava negli altri sestieri della città
   le campane suonavano a stormo e l'insurrezione diventava generale. Sedato il tumulto
   pel cadere della notte
   la folla rilornò il giorno dopo al palazzo tentando d'impadronirsi per forza delle armi
   ma impedita dai soldati della repubblica
   si sparse per la città
   disarmando quanti soldati incontrava è saccheggiando i negozi degli armaiuoli
   nel mentre che il Senato mandava a domandare umili scuse al Botta poi fatti accaduti. Così armata
   la moltitudine si diresse verso la porta di San Tommaso
   occupata dagli invasori
   tentando d'impadronirsene
   ma fu ricacciala dalla cavalleria lungo via Balbi
   finché giunta in piazza dell'Annunziata potè far testa e con una formidabile scarica obbligò gli Austriaci a voltare le spalle e fuggire negli alloggiamenti. Il terzo giorno la popolazione essendosi impadronita delle artiglierie e dei magazzini delle polveri
   fu trasportato con indicibile ardire a forza di braccia un mortaio sull'altura di Pietraminuta e diversi pozzi d'artiglieria verso la porta di S. Tommaso
   per battere gli Auslriaci che occupavano la piazza del Principe
   e furono fatte barricate agli sbocchi di Sottoripa
   Prè e via Balbi per impedire il rinnovarsi dello assalto della cavalleria.
   La sommossa andava intanto ordinando le proprie forze ; Tommaso Assareto fu nominato presidente del quartier generale
   e Carlo Bava generale delle milizie
   e fu per ogni sestiere eletto un membro ohe lo rappresentasse nel Consiglio
   
   Jnianto scendeva la vallata del Bisngno un corpo di truppa austriaca che tentava di enlrare in città per porgere aiuto agli assaliti; ma scoperto
   venne fulminato dalle artiglierie dello mura di porta Romana e Montesano e costretto a dar indietro fino a un'osteria in capo al ponte di Sant'Agata
   dove si chiuse difendendosi disperatamente
   finché un certo Pittarnuli
   ragazzo di undici anni
   entrato con una pistola in una mano e con una fascina accesa nell'altra nell'osteria
   vi appiccò d fuoco obbligandolo ad arrendersi. Intanto il Botta
   impensierilo
   e per dar tempo ai rinforzi