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l'arte Prima — Alta Italia
non potè neppure ottenere un'udienza dall'imperatrice
ina ebbe invece amari rimproveri dal ministro Ultcfeld.
Gli strazi di Genova trovavano un'eco di riprovazione in tutta l'Europa. Perfino il pontefice Benedetto XIV scrisse al nunzio a Vienna di interporsi in favore di Genova presso Maria Teresa
ma senza alcun frutlo che di vane lusinghe
smentite subito dai fatti. Ornai l'inferocire dei generali austriaci era giunto al colino
Non bastavano altre somme tolte alle casse della banca di S. Giorgio
si volevano anche le armi e le artiglierie della città per inviarle all'esercito austrìaco in Provenza ; nò bastava pigliarle
s'imponeva ancora alla cittadinanza di trainarle ai posti indicati per essere imbarcate.
La concitazione del popolo era ornai al colmo. Bastava il minimo incidente per farla prorompere
e questo incidente non si fece a lungo aspettare.
Era il giorno 5 dicembre
sul far della sera
quando
nelle vicinanze dell'ospedale di Pammatone
affondò un mortaio trascinato da un manipolo di Austriaci. Costoro volevano coi soliti modi prepotenti obbligare i popolani presenti a prestare loro aiuto per trarlo fuori dalla fossa dove era sprofondato. Al naturale rifiuto un soldato avendo percosso col bastone uno dei presenti
dalla folla proruppe un urlo d'indignazione
e un giovanetto
Giambattista Perasso
soprannominato Balilla
saltato con un sasso in mano sopra il mortaio
lo scagliò contro i soldati gridando nel patrio vernacolo: Che Vinse? che significa: Ch'io la rompa? All'atto audace tenne dietro un coro di plausi
c dalla folla e dalle circostanti finestre cominciò a piovere sugli Austriaci una fitta grandinata di sassi
mortai
utensili e masserizie di ogni genere
per cui
sebbene due volte tornati all'assalto colle daghe sguainate
dovettero finalmente ripiegare davanti al furore popolare e fuggire ai quartieri.
La folla si diresse quindi al palazzo di città chiedendo le armi
che furono negate. Intanto l'agitazione si allargava negli altri sestieri della città
le campane suonavano a stormo e l'insurrezione diventava generale. Sedato il tumulto
pel cadere della notte
la folla rilornò il giorno dopo al palazzo tentando d'impadronirsi per forza delle armi
ma impedita dai soldati della repubblica
si sparse per la città
disarmando quanti soldati incontrava è saccheggiando i negozi degli armaiuoli
nel mentre che il Senato mandava a domandare umili scuse al Botta poi fatti accaduti. Così armata
la moltitudine si diresse verso la porta di San Tommaso
occupata dagli invasori
tentando d'impadronirsene
ma fu ricacciala dalla cavalleria lungo via Balbi
finché giunta in piazza dell'Annunziata potè far testa e con una formidabile scarica obbligò gli Austriaci a voltare le spalle e fuggire negli alloggiamenti. Il terzo giorno la popolazione essendosi impadronita delle artiglierie e dei magazzini delle polveri
fu trasportato con indicibile ardire a forza di braccia un mortaio sull'altura di Pietraminuta e diversi pozzi d'artiglieria verso la porta di S. Tommaso
per battere gli Auslriaci che occupavano la piazza del Principe
e furono fatte barricate agli sbocchi di Sottoripa
Prè e via Balbi per impedire il rinnovarsi dello assalto della cavalleria.
La sommossa andava intanto ordinando le proprie forze ; Tommaso Assareto fu nominato presidente del quartier generale
e Carlo Bava generale delle milizie
e fu per ogni sestiere eletto un membro ohe lo rappresentasse nel Consiglio
Jnianto scendeva la vallata del Bisngno un corpo di truppa austriaca che tentava di enlrare in città per porgere aiuto agli assaliti; ma scoperto
venne fulminato dalle artiglierie dello mura di porta Romana e Montesano e costretto a dar indietro fino a un'osteria in capo al ponte di Sant'Agata
dove si chiuse difendendosi disperatamente
finché un certo Pittarnuli
ragazzo di undici anni
entrato con una pistola in una mano e con una fascina accesa nell'altra nell'osteria
vi appiccò d fuoco obbligandolo ad arrendersi. Intanto il Botta
impensierilo
e per dar tempo ai rinforzi