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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Cuneo
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1891, pagine 516

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   11 fi
   Parte Prima — Alta Italia
   U primo documento che parla della fondazione di questo monastero appartiene* al 1135. A pruno abate del medesimo fu scelto Pietro, compagno e discepolo prediletto di San Bernardo; od al servizio religioso della Badia vennero chiamati dal vicino convento del Tiglietto i monaci Cistercensi.
   La Badia di Staffarda fu posta sotto la protezione di San Pietro per un privilegio del IH;! concesso da quel papa Celestino « che fece per villude il gran rifiuto » e confermato poscia dal pontefice Eugenio III.
   Filippi» 1, signor del Piemonte e principe ili Acaia, accordava, con Lettere patenti del 12 febbraio 1305 la sua protezione a quella insigne Abazia, che venivagli conformata con Lettere patenti del 20 dicembre 1401 dal nipote Amedeo IV, il (piale fino dal 13C3 sul campo di onore di fronte a Saluzzo aveva ricevuto dal marchese Federigo l'omaggio di signoria.
   Mediante i ricchi lasciti dei marchesi, patroni e dei signori circonvicini, la Badia di Slaffarda crebbe in tale opulenza e ricchezza da poter raccogliere oltre quaranta monaci fra le sue mura, e si trovò in grado di poter destinare somme cospicue all'abbellimento della sua chiesa, e di acquistare molte terre e castelli circonvicini che meglio consolidarono la sua autorevole potenza. — Contribuirono a rendere sempre più celebre e potente una tale Badia gli uomini preclarissimi che vennero eletti all'onore dell'anello abaziale. Fra questi alcuni appartennero all'augusta Casa di Savoia; altri furono chiamati a reggere successivamente diocesi importanti nel Piemonte e nella Liguria, e non pochi ascesero il soglio cardinalizio e rimasero protettori dell'antica loro sede abaziale.
   Non tutti gli abati però furono informati alle medesime virtù, né tutti vissero una vita castigata ed esemplare quale si addiceva a un capo di un ordine monastico.
   Nel 1528 vi fu un Lodovico tiglio di altro Lodovico marchese di Saluzzo, il quale, per difetto di mente non sana, e di un'indole poco temperata, commise violenze non degne di un abate, e fra queste non ultima fu quella di far appiccare il fuoco al convento di San Bernardino che era stanza tranquilla del confessore e di alcuni consiglieri di sua madre, contro ì quali serbava rancore, supponendoli autori del consiglio dato da essi alla madre di rinchiuderlo come demente nel castello di Verzuolo, donde era riuscito a fuggire.
   Poco dopo un Lodovico Bolleri, che era figlio del signore di Centallo, essendo più inchinevole agli esercizi guerreschi che ad osservare la dura disciplina del cenobio, abbandonò l'infula abaziale. e si fece condottiero di uno squadrone di cavalleria nella famosa giornata di Ceresole, avvenuta il 12 aprile 1544, che fu la più grande e la più decisiva fra le fazioni combattute ili Piemonte tra gl'Imperiali comandati dal marchese del Vasto ed i Francesi capitanati dal duca di Enghien che rimasero vittoriosi.
   Nel corso di quei tempi procellosi, l'Abazia soffrì non poche dure vicende cagionate dalle guerre, dalle scorrerie dei nemici, e dalla insana ferocia delle indisciplinate soldatesche.
   Dal contegno dei monaci Cistercensi nel servizio dell'Abazia sembra che non vi fosse gran fatto da lodarsi, conciossiaché nel lfi05 il duca Carlo Emanuele fece istanza al santo Pontefice Pio V perchè venissero allontanati da quel cenobio; e trovate giuste le cause di tale lamento, furono sostituiti dai padri Fogliensi, detti di San Bernardo, coll'obbligo della cura di anime per quattro di essi.
   Malgrado però questa sostituzione gli abusi non diminuirono, e dando luogo a frequenti reclami, fu dall'autorità civile e religiosa, por mezzo di apposito processo mosso dal cardinale Merlmi, legato pontificio, deliberata la soppressione dell'Abazia di Staffarda nel 1751, e convertita in Commenda dell'Ordine Mauriziano, che fu poi conferita, con Bolla Pontificia del IO maggio 1753, al principe Maurizio duca del Chiablese. A questo venne tolta dal Go\erno francese che l'abbandonò in favore dell'Ateneo Nazionale, per tornare quindi alle ftegie Finanze , che nel 181(5 la resero nuovamente all'Ordine anzidetto, da cui è amministrata conforme alle discipline stabilite con Sovrano decreto del 31 marzo 1817 e ne mantiene il patronato di titolo parrocchiale.
   Fra gli oggetti d'arte di cui era stata arricchita la chiesa abaziale di Staffarda, uno fra i bellissimi fu sempre considerato il coro ili legno situato dietro l'aliar maggiore. Gli stalli di questo coro, perla loro forma non curvilinea ma rettangolare, sembra che primieramente fossero destinati a ornare il presbiterio, imperocché allorquando furono collocati nell'abside dovettero rompersi diversi ornamenti sporgenti dai monumenti sepolcrali che ivi esistevano. Induce a tale credenza anche l'essersi osservato che la misura dei vari pezzi del coro, compresovi quello che si lasciò nel presbiterio per uso dei celebranti la messa di settimana, corrisponde precisamente alla dimensione di quella località.