286 VITA DEL JOHNSON SCRITTA DA BOSWELL. [CAP. X.]
tore di poco valore, che « egli toglieva alle sue teste le ossa e il cervello, » si può ripetere di moltissimi altri ritratti, così dipinti, come scritti. Non hanno maggiore vita di figure di cera, o eli fantocci da sarti. Si vorrebbe veder rappresentato un uomo quale fu realmente, e il biografo ci dà invece 1* insegna della sua bottega. Si spera di veder un cuore ben conservato, e non sono che cenci.
Non v'è dubbio che si richiegga arte non minore per fare un ritratto con parole, che per dipingerlo coi colori. Per eseguire sì l'uno che 1' altro a dovere, bisogna aver occhio osservatore e penna o pennello molto abile. Un artista dozzinale non sa vedere che i tratti del volto, e come li trova li copia ; ma il grande artista vede sotto quei tratti brillare 1' anima viva, e la ritrae sulia sua tela. Una volta Johnson fu pregato di venir in aiuto al cappellano di un vescovo defunto, del quale colui doveva scrivere la vita ; ma avendolo egli interrogato intorno a questa, non ne potè cavare che poco o nulla. Dal qual fatto Johnson fu condotto ad osservare, che « pochi sono coloro i quali, vivendo con altri, sappiano fare di questi un qualche studio. »
In quanto alla vita di Johnson medesimo, Boswell che 1' ha scritta dovette al suo occhio indagatore eli aver potuto notare e mettere insieme tutti quei minimi particolari del costume e del conversare del suo soggetto, che diano tanta attrattiva ad una biografia. Boswell per 1' ammirazione e il sincero affetto che portava a questo suo eroe, potè fare molto bene un'opera, che probabilmente non sarebbe riuscita ad uomini dì maggiore ingegno. Egli discende a minuzie che si direbbero non significar nulla, ma che pur sono molto caratteristiche, Per esempio, chiede licenza al lettore d'informarlo, che Johnson in viaggio « soleva portare in mano una grossa mazza di legno di guercia inglese ; » soggiungendo: « mi ricordo che il dottor Adamo Smith, nelle sue lezioni di rettorica a Glasgow, ci diceva eh' egli