220 USO DELLA GIOCONDITÀ. [CAP. Vili.]
dono parte alle mìe afflizioni, e disposti anche a soccorrermi ; e io posso tuttavia discorrere, e, se discerno bene, essi non mi hanno rapito nè la serenità dell' animo, che mi si vede anche in volto, nè la buona coscienza. Mi hanno lasciato ancora la provvidenza di Dio, e tutte le promesse del Vangelo, la religione e la speranza che ho del cielo, e inoltre la carità che sento per essi medesimi; e dormo pur sempre, e digerisco, mangio e bevo, leggo e medito.... Colui che ha tanti e così grandi motivi di letizia, deve essere pure innamorato del malcontento e dell'umor tetro, se preferisce questi a quelli, e gli piace di star seduto sul suo fastelletto di spine.1 »
Sebbene l'esser disposti a giocondità dipenda molto dal temperamento, si può formare e coltivare anche quest' abito, al pari di ogni altro. È in nostra facoltà di saper godere della vita, come di trovarla tediosa; da noi dunque principalmente dipende se ne caviamo contentezza o miserie. La vita ha sempre due aspetti diversi, l'uno gaio e 1' altro triste ; e nulla ci vieta di considerarla sotto questo o sotto quello. La forza della volontà può molto in tale scelta; così che è in nostro arbitrio il formarci l'abito di essere o non essere felici. Noi possiamo assecondare la disposizione a guardar il lato lieto delle cose, in luogo dell' opposto ; mentre pertanto vediamo le nuvole, non chiudiamo gli occhi all' orlo di luce che le adorna.
Il raggio che brilla nell' occhio, rende luminosa, bella, piena di gioia ogni fase della vita: splende sulla freddezza e la riscalda; sulle infermità e le conforta; sull' ignoranza e la illumina; sul dolore e lo dissipa. Quel raggio fa più chiara l'intelligenza, e aggiunge brio alla stessa bellezza. Senz'esso, il sole della vita non ha calore, i fiori sbocciano invano, le meraviglie del cielo e della terra ci restano occulte o
1 Hoìy Living (Viver santo), di Geremia Taylor,