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Il carattere

Samuele Smiles (traduzione di P. Rotondi)
G. Barbera Editore Firenze, 1872, pagine 375

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a cura di Federico Adamoli

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   [CAP. VII.] PROGRESSO DELLA SUA MALATTIA. 213
   diava sopratutto di nasconderlo alla famiglia, a cui sarebbe stato terribile troppo 1' avvedersi di tale suo stato. « Io mi mostro di lieto umore » diss' egli « e procuro di vivere giorno per giorno, come uno che si sente morire.1 »
   Continuava dunque il suo insegnamento, come in passato, e dava pubbliche lezioni nell' Istituto per gli Architetti e nella cuoia delle Arti. Un giorno, avendo insegnato in quest' ultima scuola, si coricò per riposarsi; e addormentatosi dovette subito svegliarsi, per esserglisi rotto un vaso sanguigno, che gli fece perdere molto sangue. Ma egli non provò la disperazione e il tormento che aveva sofferto Keats in una occasione simile ;2 quantunque al pari di lui non ignorasse che il mes-saggiero della morte era giunto, e che lo stava atten-
   1 Tali casi non sono infrequenti. Noi abbiamo personalmente conosciuta una signorina, della stessa patria del professore Wilson, che presa di un canchero al petto, lo seppe nascondere a' suoi parenti per non affliggerli. Le fu necessaria una operazione chirurgica ; e venuti questi operatori, andò ella medesima ad aprir la porta, li ricevette senza mostrare il minimo turbamento, li condusse nella sua stanza, in un piano superiore, e si sottopose ai ferri; nè i parenti seppero la cosa, se non dopo compiuta. Ma l'infermità era già troppo inoltrata per poterla vincere ; e la nobile fanciulla, capace di tanto, dovette soccombere: ma fino all' estremo si mostrò serena, e non diede un lamento.
   a « Una sera, verso le undici ore, Keats ritornò a casa in uno stato di strana eccitabilità ; chi non lo avesse conosciuto, poteva crederlo ubriaco. Narrò di esser stato sull' esterno della vettura, di aver sofferto un gran freddo, e che aveva un po' di febbre ; ma poi soggiunse : — Ora però non la sento. — Fu persuaso facilmente a mettersi a letto, e mentre si cacciava tra le fredde lenzuola, prima ancora di porre la testa sul capezzale, tossì, ma non forte, e disse: — Mi sento del sangue in bocca; datemi il lume, che veda questo sangue. — Guardò fisso alcun poco la rossa traccia, quindi volgendosi ai presenti, con una espressione di subitanea calma da non poter esser mai dimenticata, disse:—Ben conosco il colore di questo sangue: esso è arteriale. Impossibile che m'inganni; questa goccia di sangue è la mia sentenza: devo morirne. » — Life of Keats, di Houghton, ediz. 1867, pag. 289.
   Nel caso di Giorgio Wilson, il sangue non gli venne dapprima che dallo stomaco, ma poi ebbe anch' egli, come Keats, un' emorragia polmonare. Wilson più tardi, parlando delle Vite di Lamb e di Keats, che erano allora venute alla luce, disse di averle lette compreso da tristezza; e aggiunse: «Il nobile amor fraterno di Carlo Lamb, è un esempio luminoso e santo, e mi ha dato conforto in questa tristezza; ma il letto di morte di Keats, è come la più buia notte, non mitigata da un solo raggio! »