212 SUA INFATICABILITÀ NEL LAVORO. [CAP. VII.]
A ventisette anni, Wilson doveva dar lezioni per dieci, undici ore, ed anche più, ogni settimana ; mentre quasi sempre aveva sulla persona setoni od aperte ferite di vescicanti, eh' egli diceva essere « gli amici del suo cuore. » Sentivasi invadere dall' ombra della morte; e faticava come se i suoi giorni fossero numerati. Scriveva a un amico : « Non ti faccia meraviglia se una di queste mattine, nel far colazione, senti dire che io sono morto. » Però, mentre così si esprimeva, non abbandonavasi menomamente a malinconie da ammalato ; ma continuava ad applicarsi coli' alacrità e la fiducia di chi è in tutta la sua forza. « A nessuno, diceva egli, la vita è così dolce, come a coloro che più non hanno paura della morte. »
Talvolta era costretto di sospendere le sue occupazioni per l'estrema debolezza, causata da perdita di sangue polmonare; ma in capo a qualche settimana di riposo e di mutamento d' aria, ritornava al lavoro, dicendo : « L'acqua si va nuovamente alzando nel pozzo. » Malgrado la permanente malattia de' polmoni, e che sempre più vi si dilatava, e malgrado il tormento che gli clava un' aspra tosse, egli continuava le solite lezioni; quando s' aggiunse ai tanti suoi malanni, che un giorno, essendo stramazzato per essere egli così zoppo, nel voler rialzarsi dovette fare uno sforzo tale che si ruppe 1' osso ci' un braccio, presso alla spalla. Nullacli-meno sj ristabiliva sempre in modo straordinario da tutti questi suoi mali e da queste disgrazie: la canna si piegava senza rompersi; e passata la tempesta, rizza-vasi come prima.
Non si vide mai che fosse preso da tedio, o in istato febbrile, e irrequieto; ma sempre era di buon umore, paziente, instancabile nel perseverare. La mente, fra tante molestie, si manteneva tranquilla e serena ; ed egli continuava nelle sue occupazioni giornaliere, come per incanto, come se fosse dotato della forza di molti uomini. Eppure egli sentiva di appressarsi alla morte, e si stu-