[CAP. VII.] LA VERITÀ È VINCOLO SOCIALE. 207
in quanto a me non fiaterò, statene sicuro. » — « Vossignoria, dunque, mi permetterà di venirla a visitare, come in addietro, affinchè il pubblico non s' accorga che io abbia perduto la di lei confidenza ?» — « Questo poi no » rispose il Duca, senza risentimento, ma con fermezza ; « non posso permetterlo, perchè sarebbe una menzogna. » Egli non era uomo da commettere una falsità, come non era capace di dirla.1
Un beli' esempio di saper compiere il proprio dovere e di mantenere la parola data adempiendo una promessa, può esser tratto dalla vita di Blucher; e sta bene in seguito a questo. Mentre, il 18 giugno 1815, egli faceva ogni sforzo, per pessime strade, di giungere in aiuto a Wellington, andava animando i soldati con parole e con gesti: « Avanti, figliuoli, avanti! » — « Ma è impossibile ; assolutamente impossibile » gli rispondevano questi. Ed egli non cessava dallo spingerli innanzi «Figliuoli, dovete riuscirvi ; dite pure che è impossibile, ma che dobbiamo farlo ! Ho promesso all' amico Wellington ; promesso, mi capite ? Voi non vorrete eh' io abbia a mancare di par da! » E fu fatto.
La civile comunanza è tenuta insieme dalla verità, senza di cui non potrebbe esistere, ma si dissolverebbe in anarchia e diverrebbe un caos. Come una famiglia non può essere governata colla menzogna, così neppure una nazione. Tommaso Browne fece una volta a sè stesso questa domanda : « Mente egli il demonio ? » e rispose : « No, poiché allora neppure l'inferno potrebbe sussistere. » Non vi può esser ragione che valga a giustificare il sacrifizio della verità, la quale deve regnar sovrana in tutti i casi della vita.
D'ogni vizio, il mentire è forse il più vile. In alcuni casi è fonte di perversità e di altri vizi, e in molti altri della maggiore codardia morale. Eppure vedonsi parecchi farne così poco conto, da comandare ai loro
1 Life of 'Wellington, di Gleig, pag. 314, 315.