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NELSON E COLLINGWOOD. [CAP. VII.]
Mentre comandava le forze alleate nel Portogallo, non sembrandogli che il contegno di quegl' indigeni fosse quale si conveniva e quale doveva essere; egli disse : « Vediamo grande entusiasmo, e siamo assordati cogli evviva! Non mancano illuminazioni, canti patriottici, e balli dovunque. Ma quello che non vediamo si č che ciascuno secondo il suo stato adempia fedelmente al proprio dovere, e ubbidisca senza riluttanza all' autoritą costituita. »
Questa idea fissa del dovere sembra che fosse il principio moderatore del carattere di Wellington. Era dessa in cima sempre a' suoi pensieri, e dirigeva tutti gli atti pubblici della sua vita; come anche si comunicava a' suoi subalterni, i quali lo servivano in questo spirito medesimo. Essendosi egli posto a Waterloo in un quadrato della sua fanteria, mentre il numero ne andava scemando, e i soldati ristringevano le file per far fronte a una carica di cavalleria francese, gridava loro : « Tenete fermo, ragazzi ; pensate a quello che si dirą di noi in Inghilterra ; » e i soldati gli rispondevano: «Non dubiti, generale; sappiamo quale č il nostro dovere. »
Anche nella mente di Nelson era dominante l'idea del dovere; ed egli espresse in quale spirito serviva il proprio paese, con quel famoso motto che diede alla flotta prima di entrare in battaglia a Trafalgar : « L'Inghilterra attende che ogni uomo faccia il proprio dovere ; » come pure coli' ultime parole che gli uscirono di bocca : « Ho fatto il debito mio ; ne ringrazio il Signore ! »
Ed anche il compagno ed amico di Nelson, il prode, gentile, casalingo Gollingwood (colui che mentre la sua nave spingevasi nel mezzo del grande combattimento, disse al proprio capitano di bandiera: «Č appunto verso quest' ora che le nostre mogli in Inghilterra vanno alla chiesa ») era egli pure, non meno del suo generale, un ardente cultore del dovere. « Fa' il debito tuo, meglio