156 STORIA DI SARA MARTIN. [CAP. V.]
La giovane sarta fu molto commossa all' udire di questo processo, e le nacque desiderio di poter visitare quella donna nella sua prigione, e provarsi di farla ravvedere. Ed anche prima d'allora assai volte, nel passare dinanzi alle mura delle prigioni del borgo, era stata tentata di chiedere di potervi entrai'e per visitarne i carcerati, legger loro le Sante Scritture, e far ogni possibile di restituirli alla società, della quale avevano violato le leggi. In fine ella non potè più resistere all'impulso di andar a vedere quella madre condannata. Entrò nel portico delle carceri, bussò, e chiese al guardiano di essere introdotta; ma, per non so qual motivo, le fu negato. Ella però vi fece ritorno, ripetè la preghiera, e questa volta fu ammessa, e condotta dinanzi alla madre colpevole. Come Sara ebbe detto il motivo di quella visita, la prigioniera ruppe in lagrime, e ne la ringraziò, Queste lagrime e questi ringraziamenti determinarono il corso della vita futura di Sara Martin ; e la povera sarta, mentre si procacciava il vivere coli' ago, consacrò d'allora in po: tutto il tempo che poteva nel visitare i prigionieri, e con ogni sforzo alleviarne la condizione. Si fece loro cappellano, loro maestra, imperciocché le prigioni in quel tempo non ne avevano ; leggeva loro nel libro delle Sante Scritture, e li ammaestrava al leggere e scrivere; consacrando a ciò un intero giorno per settimana, oltre la domenica, e tutti i ritagli di tempo che poteva, imperciocché « sentiva (sono sue parole) che la benedizione di Dio stava sopra la sua testa. » Insegnò alle donne a far la calza, a cucire, a tagliar vestiti; e vendendone i lavori, si procacciava da comperare altro materiale, e così tirare innanzi l'industriale educazione assunta. Anche agli uomini insegnò a far cappelli di paglia, berretti per adulti e fanciulli, camicie di cotone grigio, ed anche rappezzature, ogni qualunque cosa, pur di tenerli occupati e distrarre i loro pensieri. Col guadagno di questi lavori dei carcerati formò un