136 LA VIRTÙ DI CONFIDARE IN NOI STESSI. [CAP. V.]
tà, che è la forza centrale del carattere, deve aver contratta l'abitudine di saper risolversi; altrimenti nè potrà resistere al male, nè fare il bene. Dalla risoluzione si trae la fermezza necessaria in quei casi, nei quali il cedere anche di poco, non sarebbe che il primo passo sullo sdrucciolo della ruina.
L' attendere che altri ti sovvenga nel prendere una determinazione, è peggio che inutile. La condotta dell' uomo deve esser tale, eh' egli sappia nelle emergenze confidare nella propria forza, e non dipendere che dal proprio coraggio. Narra Plutarco di un re di Macedonia, che mentre ardeva una battaglia, ritirassi nelle mura di una città vicina per fare un sacrifizio ad Ercole ; e intanto eh' egli così invocava quella divinità, il suo avversario Emilio, non confidando per la vittoria che nella spada, vinse la battaglia. E così sempre avviene nei fatti della vita giornaliera.
Molti sono i bei propositi che si formano, ma poi finiscono in vane parole ; molte le imprese vagheggiate, alle quali non mai si mette mano ; molti i disegni concepiti, ma non cominciati mai ; e tutto ciò sempre per mancanza di un poco di coraggiosa decisione. È molto meglio che la lingua taccia, ma siano eloquenti le opere; imperciocché nella vita e nelle faccende, la speditezza vale ben più d'ogni discorso ; e la risposta più breve di tutte è Fare. « In materie di grande importanza, e che non si possono tralasciare, dice Tillotson, non v' è più evidente segno di intellettuale fiacchezza quanto l'indecisione; quanto l'essere irresoluto quando il caso è tanto liscio e la necessità preme. Chi ha sempre intenzione di mutar vita, senza che ne trovi mai il tempo, fa come colui che differisce da un giorno all' altre di mangiare, bere e dormire, fin che l'inedia lo abbia ucciso. »
Vuoisi anche non poca dose di coraggio morale per resistere alla corruzione di quella che è detta «Società.)) Quantunque la « Signora Grundy » sia un essere molto