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Il carattere

Samuele Smiles (traduzione di P. Rotondi)
G. Barbera Editore Firenze, 1872, pagine 375

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   102 IL LAVORO EDUCATORE DEL CARATTERE. [CAP. IV.]
   Spesse volte le massime degli uomini, rivelano il loro carattere. Quella di Walter Scott era: « Non star mai senza far niente. » Lo storico Robertson, fino dal quindicesimo suo anno, aveva adottato la massima: « Vita sine ìiteris mors est » (una vita senza dottrina è morte). Il motto di Voltaire era: « Toujours au travati » (sempre alV opera). La massima che il naturalista Lacepede prediligeva, era: « Vivre c'est veil-ler » (vivere è vigilare) : e questa era anche quella di Plinio. Quando Bossuet era in collegio, segnalavasi talmente per ardore allo studio, che i suoi condiscepoli, scherzando col suo nome, lo chiamavano : « Bos-suetus aratro » (bue assuefatto all' aratro). Il nome di Vita-lis (ila vita è una pugna), che assunse lo svedese poeta Sjo-berg, come Federigo von Hardenberg assunse quello di Nova-lis, significava le tendenze e i travagli di questi due uomini di genio.
   Abbiamo parlato del lavoro come di una disciplina : ma deve considerarsi pure come un educatore del carattere. Anche un lavoro che non ha risultato, per ciò solo che è lavoro, vai meglio del torpore, in quanto che educa l'attitudine, e così prepara ad un lavoro che possa tornar utile. L' abito al lavoro insegna ad aver metodo. Costringe a far economia del tempo, e a disporne con giudiziosa previdenza. Ed acquistata che siasi colla pratica 1' arte di condurre la vita con utili occupazioni, si trarrà profitto di ogni minuto ; e l'agiato riposo, quando giunge, sarà goduto coi più gran gusto.
   Coleridge ha giustamente osservato, che « se dices. che gli oziosi ammazzano il tempo, si può dire giustamente che 1' uomo metodico io chiama in vita e gli dà morale esistenza, facendolo il distinto oggetto non solo della conoscenza, ma della coscienza. Egli mette in
   1 Southey, è di opinione, nel Doctor, che il nostro carattere è meglio rivelato dalle lettere che ci scrivono di quello che sia dalle lettere che scriviamo noi stessi.