[CAP. III.] AMMIRAZIONE E IMITAZIONE. 83
coli' evitarne gli errori, gli stolti assai di raro sanno giovarsi dell' esempio che gli uomini saggi offrono loro. Un autore tedesco, ha detto essere un naturale ben miserabile quello che solo si dà pensiero di cercare quanto v' abbia di biasimevole nel carattere dei grandi uomini o delle grandi epoche. Facciamo in modo piuttosto di giudicarli colia carità di Bolingbroke, il quale udendo ricordato uno de' difetti che si apponevano a Marlborough, osservò : « Egli era sì grande uomo, che in' era dimenticato avesse questa pecca. »
L' ammirazione pei grandi uomini, vivi o morti, desta naturalmente, più o meno desiderio d'imitarli. Da giovinetto, Temistocle sentivasi infiammato delle grandi gesta de' suoi contemporanei e struggevasi di poter segnalarsi egli pure in servizio della patria. Quando fu combattuta la battaglia di Maratona, egli mostratasi malinconico ; e richiesto dagli amici quale ne fosse la causa, rispose « che i trofei di Milziade non lo avrebbero lasciato dormire. » E pochi anni dopo lo vediamo alla testa dell' armata di Atene, rompere la flotta persiana di Serse nelle battaglie d'Artemisio e di Sala-mina ; e la sua patria con gratitudine confessare di essere stata salva dalla accortezza e dal valore di lui. Narrasi che Tucidide, ancora fanciullo, ruppe in pianto nell' udire Erodoto a leggere la sua storia ; e che lo colpì talmente da esserne determinato a seguire l'indole del proprio ingegno. Demostene udendo una volta perorare l'eloquente Calistrato, sentissi tanto esaltato, che gli si destò 1' ambizione di divenire oratore lui pure. Tuttavia egli fisicamente non n' era punto disposto, aveva voce debole, pronuncia indistinta e respiro breve ; difetti che solo potè vincere con assiduo studio e ferma determinazione. Ma con tutta la sua pratica, non potè mai farsi parlatore spedito : nelle sue orazioni, e segnatamente nelle più vantate, si scopre indizio di faticoso lavoro ; V arte e lo studio dell' oratore si lascia scoprire in quasi tutte le sentenze.