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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

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a cura di Federico Adamoli

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   Diedero tatti in ano scroscio di risa alla scappata di queiromotto originale; ed egli se ne compiaceva, perchè com' era singolare nella vita, era puranche nel discorso. Quand'ebbe volto attorno attorno gli sguardi con aria benigna di protezione, fece una chiacchierata la più strana. < Ve' ve', prese a dire chi siede a scranna coi valenti! Bartolino dalle storielle. Ma tu in questa macchina che sta qui dentro, non sei nè ruota, nè fuso, nè volanda; sei un dente storto che ingrana male. E tu, Isidoro, quantunque tu abbia buon senso, pure sei come il rebbio più corto d'un tridente, che poco attacca e poco raccoglie. E Masaccio, oh Masaccio gli è una trottola, che gira e gira, ma sempre intorno a sè stessa, e senza avanzare nel cammino. E Leonzio ne intenderà tanto quanto le ruote del suo arnese sconnesso. E Biagio! oh Biagio! ah, ah! Biagio! trarrai profitto dalle narrazioni del signor Teòtimo, come la tua Mussa dalle bastonate che le meni giù pel groppone. Degli altri non parlo, che hanno criterio per intendere, e tutte le buone disposizioni per profittarne; chè l'eletta semenza sparsa in terreno ben preparato fa sempre buona prova. Ho detto ». — E si assise, contento di sè stesso, e scandagliando 1' effetto della sua cicalata sull' animo degli ascoltanti, che non s'aspettavano per certo una tirata sì bizzarra.
   Chi di loro arricciò il naso, chi rise, e chi restò a bocca aperta. Il signor Teòtimo però ne assunse le difese, e disse in breve che quelle buone genti intende-