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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 158 —
   dieci. Tutti gli altri mancano per timore al certo d'un temporale.
   — Si puntano come i canonici, disse l'organista: tre soldi per ciascheduno.
   Nessuno avvalorò questa proposta; per cui il signor Filippino si tacque. — Intanto si levò un' esclamazione di meraviglia fra tutta la cognitiva al sopraggiungere inaspettato del signor Niccolò De Grassi, ricco possidente bolognese, che* aveva un casino di villeggiatura poco lungi di là; il quale signor Niccolò non era ancora intervenuto a quelle adunanze, benché più volte l'avesse promesso al signor Teòtimo. Ma siccome il signor De Grassi è un uomo un po' singolare, cosi quel giorno che vide il cielo minaccioso, si mise in capo di sfidare il tempo scombuiato, e si cacciò per un traverso, sicché quando niuno poteva crederlo, entrava nel prato della Colombaia, e faceva destare gli ohi e gli ahi nei pochi amici colà radunati.
   — Ben giunto, ben giunto ! dissegli il signor Teòtimo. Non mi sarei mai aspettato sì bella visita in un giorno sì torbido.
   — Oh! rispose il signor Niccolò, per la via buona tutti sanno andare. Io sono un poco Spartano, e mi gode l'animo quando posso affrontare i disagi, e quasi non dissi i pericoli. Io, veda, non ho cercato i sentieri, ma son venuto giù rotoloni fra le zolle, a costo di slogarmi i piedi, dove mi si travolgessero sotto, quelli che il volgo chiama ciòtoli, e ch'io chiamo gnocchi duri.
   *