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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   modo che incominciò a radunarsi gente dinanzi alla
   — Lavora, miserabile, ripigliò Quintiliano. Prendi cotesto sacco di grano, e màcina. Cosi dicendo scuote un sacco che stava ritto presso la parete, e vede cader a terra un rotolo di pergamena che v'era di dietro nascosto.
   — Che è questo ? grida il panattiere. Chi l'ha scritto?
   — Io!... risponde il ragazzo tremando.
   — Ah! scrivi? Tu sai scrivere, rompicollo? Alle fiamme questi scartafacci; alle fiamme!
   — No, vi prego, no! Piuttosto bastonatemi, cacciatemi sulla via, ma lasciatemi quegli scritti.
   — Ya, va! e scagliò le pergamene fuori dell'uscio!
   — Per dieci... e due dodici!
   — Il ragazzo corse a raccoglierle, e partiva singhiozzando, col suo caro fascicolo sotto il braccio; quando Catone il censore (un austero e rispettabile Romano) che passava di là : Fermati, disse allo schiavo, e dimmi netto che t'è avvenuto.
   Il ragazzo narrò in breve la cosa con mirabile chiarezza, e dissegli come quelle meschine pergamene gli erano care come la vita.
   — Mòstrale, disse Catone... e il ragazzo gliele porse. Il gran romano aveva seco alcuni clienti, i quali gli si strinsero attorno; e tutti insieme presero a leggere quegli scritti. Catone diè un passo indietro per maraviglia; guardò al popolo che gli stava innanzi rispet-
   bottega,