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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 124 —
   il dipintore incontratolo per la via, gli disBe: Venite domani alla mia bottega, chè voglio farvi il ritratto. L'altro vi andò, tutto ben vestito, e si assise tutto pettoruto in un ricco seggiolone. Allora il Tintoretto, cavato di sotto alla veste una gran pistola, si accostò all'Aretino, il quale, spaventato, gli domandò che volesse farne. « Nulla, rispose il pittore, soltanto voglio prendere la vostra misura. » Misurollo infatti, e poi gli disse : Siete lungo due pistole e mezzo ». — L'Aretino ne rise ma a bocca stretta, e non isparlò mai più del pittore veneziano. ^
   — Bravo ! gridò uno della comitiva.
   — Bravo! ripeterono tutti gli altri. E si levò nn batter di mani, che fece echeggiare intorno intorno la valle della Sàvena.
   — Dopo una breve pausa il signor Teòtimo ripigliò: Un cenno di Giovanni Gonelli. Fu scultore, ed era chiamato il cieco da G-ambassi, presso Montatone. Nacque nel 1610, mori nel 1664. Studiò con Pietro Tacca, e fece meravigliare non pure il maestro, ma chiunque ne vedeva i lavori. Un Gonzaga di Manfova lo volle seco; ma l'aria infetta di quel luogo gli fu fatale, sicché il meschino divenne cieco.
   — Poveretto!
   — E che avresti fatto tu, o Leonzio, divenendo cieco ?
   — Mi sarei dato alla disperazione.
   —- Invece il cieco da Gambassi, il buon Toscano, si