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Enciclopedia Dantesca
Dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri - Volume II - M-Z
Giovanni Andrea Scartazzini
Ulrico Hoepli Editore Milano, 1899, pagine 2200

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Ugolino della Gherardesca
   co i Gieìtovesi. E conosciendo li Pisani, che non lo facieano per parte volere, ma per confondere lo Conte Ugolino, non si levonno a romore per ciò. » (Fragni. Hist. Pis. pag. 650). « Nino (Sforza, 1. c., pag. 47 e seg.) fatto accorto che in siffatta maniera non si poteva disfare dell'avolo, volle che Ugolino lasciato il palazzo del Comune dove stava coli'Ufficio della capitaneria e podesteria, se ne tornasse a casa. Furono a pregare di questo il Gherardesca i consoli del mare e de'mercatanti, quelli dell'arte della lana e i consoli e priori delle sette arti, e li fece contenti; e tanto esso quanto il Visconti, alla buona mercè de' loro consigli, commisero i propri carichi a Guidoccino de' Bonghi, e si ridussero a vita privata; ma spesso furono in armi e più volte le famiglie d'entrambi fecero briga assieme. La cupidigia di governare li tornò amici, e a colorire il disegno d'impadronirsi di nuovo della suprema podestà diè modo il Bonghi catturando un famigliare del conte e rifiutandosi di lasciarlo come voleva. Preso a forza e di notte il palazzo del Comune, in armi vennero il giorno appresso a quello del Popolo, e la città di nuovo fu governata per opera loro. - I pisani che erano a Genova prigionieri, desiderando finalmente di ricuperare la libertà e tornarsene in patria, da parecchio tempo trattavano la pace, e in buon accordo apparecchiatone co' Genovesi un onesto disegno, con licenza loro, quattro di essi andarono a Pisa a farlo approvare. A questo disegno di pace fece buon viso il Visconti per confondere e disfare Ugolino che niente voleva saperne. Però il Gherardesca seppe schermirsi dall'insidia, e per non tirarsi addosso l'ira del popolo e dare appiglio al rivale vi si piegò; e questa pace conclusa ai 15 d'aprile venne ratificata ai 13 di maggio del 1288. Di grave danno e molestia riusciva ai duumviri il ritorno de'prigionieri che doveva seguire appena la Repubblica avesse soddisfatto a parecchi de'patti solennemente giurati; perciò eglino si dettero a trovare ogni appiglio affinchè andasse in lungo la cosa, e a meglio riuscirvi comandarono che le nave di Genova si danneggiassero per ogni dove. Di tanta perfidia si sdegnarono i genovesi, e Niccolino da Petrazio, inviato a Pisa per questo, ne mosse forti lagnanze, ma senza frutto. - La parte ghibellina già cominciava a rialzare la cresta e le aspre gare de' due reggitori facevano ad essa rivivere la speranza di una più lieta fortuna. N'era l'anima e il capo l'arcivescovo Ruggeri degli Ubaldini e a lui si stringeva buona parte degli ecclesiastici, i Gualandi, i Sismondi, i Lanfranchi e altre case numerose e potenti e numero grande di popolani. All'ambasciatore di Genova, che seguitava a rimanersene a Pisa, l'arcivescovo e gli altri ottimati svelarono sotto segreto con quali arti i duumviri si governassero con quella Repubblica per restar sempre in guerra