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Enciclopedia Dantesca
Dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri - Volume II - M-Z
Giovanni Andrea Scartazzini
Ulrico Hoepli Editore Milano, 1899, pagine 2200
Tifone
1973
dinanzi; 3. il giorno, nel quale ora siamo col poeta, è 1' 11 di Aprile (?), e quindi il sole era nel grado 21 dell' ariete. Dunque posto che alla libra, dove la notte stava perciò nel grado 21°, mancasse ancora solo un terzo di sè, cioè 10 gradi per toccare l'orizzonte occidentale, noi avremmo i Pesci 10 gradi sotto l'orizzonte all'oriente, e il sole 31 gradi sotto lo stesso; e per conseguenza al Purgatorio non potrebbe sorgere l'aurora, la quale precede la nascita del sole di un'ora e 40 minuti, a cui corrispondono 25 gradi; 4. infine i segni dello scorpione e del sagittario non sariano mai li passi della Notte personificata, perchè il passo di persona che si move, si mette avanti e non di dietro; e in questa chiosa sarebbe il contrario rispetto allo scorpione e al sagittario, che stanno a tergo della notte; e intanto secondo il Mossotti ne sono i passi con cui essa si muove.
§ 16. Risultato. Il più volte citato Rosa Morando incominciava le sue considerazioni sulla famosa concubina di Titone con queste parole : « Non esplicabile o almen difficilissimo passo è questo. » Chi ha avuto la pazienza di seguitarci sin qui si sarà persuaso senza dubbio queste parole essere assai più assennate che non quelle del Lanci, da noi recate al § 10. No, questo non è un passo che ridonda di chiarezza, sì uno dei più difficili in tutto il Poema dantesco. Vedemmo eletti ingegni affaticarsi per dare una interpretazione plausibile di esso; ma vedemmo altresì che contra ognuna delle date interpretazioni vi sono tante e tante obbiezioni da farsi, che alla fine nessuna riesce ammissibile. Lo scostarsi dalle opinioni comuni è sempre un passo più o meno delicato, specialmente quando esse opinioni ebbero il suffragio quasi universale degli antichi e della maggioranza dei moderni. Si vuole esser cauti ed andare adagio con osservazioni come : « Versi non intesi finora da nessuno, » e simili, - osservazioni che si incontrano ad ogni passo in un commento moderno della Divina Commedia. Ma allorquando un profondo studio ci mostra ad evidenza che le esposizioni passate in costume sono assolutamente prive di fondamenti solidi, in allora ci pare che non sia più arroganza 1' andare in cerca di migliori. Or da quanto siamo venuti esponendo ne risulta evidentemente, o noi c'inganniamo, che le spiegazioni in voga non sono che ipotesi più o meno felici, ma ipotesi che non resistono dinanzi ad una critica severa. Quindi la necessità di cercare esposizioni più degne di Dante, e più adequate alla sua locuzione. Tale ci sembra quella cui abbiamo dato luogo nel nostro commento. A dir il vero anch'essa non è senza difetti. E prima di tutto bisogna concedere di buon grado che la prima immagine che si affaccia alla mente leggendo superficialmente i versi di Dante è quella dell'Aurora e