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Enciclopedia Dantesca
Dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri - Volume II - M-Z
Giovanni Andrea Scartazzini
Ulrico Hoepli Editore Milano, 1899, pagine 2200

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a cura di Federico Adamoli

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   ritornare un'altra volta nel corpo ciascheduna anima, et aspettare ancora di morire : o veramente per altro modo, che pare più verisimile et più accostarsi all'oppenione dell'Autore, che queste anime per la pena soverchia che sentono, chiamavono la seconda morte, cioè la morte dell'anima, non perchè egli avessono volontà, ma per uno modo di parlare, come uno che abbia una grande infermità che grida spesse volte Iddio dammi la morte, et quando venisse allo effetto non vorrebbe. »- Serrav.: « Yellent mori et non habere esse. Hic videtur auctor tenere opinionem Ieronimi, qui dicit, spiritus dampnatos velie non esse; idest, quod existentes in penis eternis, vellent non esse; cuius tamen oppositum tenet et tenuit beatus Augustinus. Potest etiam dici, quod mors prima est mors corporis; mors secunda est esse in Inferno. » - Barg.: « Ciascuno per soperchio dolore chiama ed invoca la seconda morte, cioè per esser fuori di queste pene desideran morire un'altra volta, ed annichilarsi contro il naturai appetito di ogni creatura. » - Lan.: « Per la prima morte intendiamo la separazione dell' aima dal corpo, e per la seconda intendiamo, che essi desiderano che anco l'anima già separata diventi mortale e sia annullata; perchè è tanta la pena, che più tosto vogliono esser niente, eh' esser in tanti affanni. » Così pure, in sostanza, Tal., Veli., Gelli, Dan., Vent., Lomb. ed il più degli espositori moderni. Per il Cast, la seconda morte è « lo 'n-ferno e la dannazione eterna. » - Corn.: « Dante non può concedere ai dannati veruna speranza: perciò non possono invocare ciò che sanno certamente essere impossibile. Quel grida più presto conviene ad uno strillare che fanno dolendosi di avere incorsa la seconda morte, che è la privazione della beatifica visione e la dannazione come la prima era la privazione della grazia. » Cfr. L. Scaetta, Saggi di studi sulla D. C-, Matelica, 1887, c. 1. I. della Giovanna, Frammenti di studi danteschi, Piacenza, 1886, c. 4.
   Morte di Dante; Il sommo Poeta morì a Ravenna la notte del 18 al 14 settembre 1321, poco dopo di essere ritornato da Venezia, dove nell' agosto dello stesso anno era andato ambasciatore di Guido Novello da Polenta. Lo attesta il Villani (ix, 136), il quale però lo dice morto nel mese di luglio, il che è un errore (forse dei copisti, alcuni codd. della Cronaca avendo invece settembre); e lo attesta pure il Boccaccio (Vita, § 6), che delle cose di Ravenna era assai bene informato. L'Ott. (ad Par. xvii, 94) dice che Dante « morì in esilio a Ravenna, dove alla sua sepoltura ebbe singulare onore a nullo fatto più da Ottaviano Cesare in qua, però che a guisa di poeta fu onorato con li libri e con moltitudine di dottori di scienza. » Sulla data precisa della morte, Ricci, L'ultimo rifugio,