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Enciclopedia Dantesca
Dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri - Volume I - A-L
Giovanni Andrea Scartazzini
Ulrico Hoepli Editore Milano, 1896, pagine 1169
Beatitudo-Beato
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del relativo cerchio. Sembra quindi che anche nei due altri luoghi si debba di necessità ammettere, avere il Poeta inteso che la beatitudine fosse cantata dal solo Angelo guardiano. Nè sta contro questo modo di intendere il plurale voci cantaron, Purg. xii, 110. Ili, che indusse alcuni ad intendere che cantassero le anime purganti (Ott., Veli., Br. B., ecc.) le quali non cantano, ma curvate sotto enormi massi piangono e pregano; mentre altri vollero intendere che qui il canto fosse intuonato da più Angeli (Lomb., Tom., Cam., ecc.) dei quali non si fa verun cenno, oppure dagl'invidiosi del secondo cerchio (An. Fior., Bennas., ecc.). Dante usa anche altrove il plur. per il sing. come per es. appunto nell' altro passo controverso Purg. xxii, 4 e seg. dove è da leggere: « E quei e'hanno a giustizia il lor disiro Detto n' avea beati, e le sue voci Con sitiunt senz' altro ciò forniro, » cioè L'Angelo (nominato v. 1 e 2) ci aveva detto: Beati qui esuriunt et sitiunt justitiam e le sue voci (per la sua voce) non continuarono oltre, non cantarono il quoniam ipsi saturabuntur della vangelica benedizione, oppure omettendo l'esuriunt, cantato senza il sitiunt all'uscita del cerchio sesto; Purg. xxiv, 154.
Beatitudo e Beatitudine, dal lat. beatitudo; 1. Nella Div. Corri. Beatitudine non si trova adoperato mai, e Beatitudo un'unica volta, per Moltitudine, Schiera di spiriti beati; Par. xviii, 112. - 2. Nelle Op. min. troviamo Beatitudine per Stato di perfetta felicità una cinquantina di volte, detto e della felicità del Poeta all'aspetto ed al saluto di Beatrice, Vit. N. ir, 10; v, 3; ix, 9; x, 11; xi, 14, xii, 1; xviii, 25, 31, 38, ecc, e della duplice felicità umana, temporale ed eterna, come pure dello stato degli Angeli e dei beati; Conv. n, 5, 49 e seg.; in, 15, 29 e seg. Mon. i, iv, 12; in, xvi, 30 e seg. Difficilmente è da attribuirsi al caso che nella Div. Com. Dante non adopera mai la voce Beatitudine, che gli era tanto famigliare.
Beato, dal lat. beatus, Felice, Contento appieno, detto di chi è felice nel mondo, e più specialmente di coloro che godono in cielo la beatitudine eterna, come pure per estensione di Cosa appartenente a chi è beato. Nella Div. Com. questa voce è adoperata 42 volte, cioè 7 volte nell 'Inf. (r, 120; il, 53, 112; iv, 50, 61; vii, 94, 96), due volte 7 nel Purg. (ri, 44; xrr, 110; xv, 38; xvn, 68; xrx, 50; xxr, 16; xxrr, 5; xxiv, 151; xxvr, 73; xxvn, 8; xxix, 3; xxx, 13; xxxi, 97; xxxir, 43) e tre volte 7 nel Par. (r, 23; ri, 129; rrr, 50, 51, 79; iv, 95; ix, 20, 74; x, 102; xr, 44; xviii, 2, 31; xix, 142, 143; xxi, 20, 55; xxv, 127; xxvn, 17; xxviii, 110; xxxu, 98; xxxm, 38). Queste cifre sono parlanti da sè. NeìYInf. non si parla che delle
13. — Enciclopedia, dantesca.