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Enciclopedia Dantesca
Dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri - Volume I - A-L
Giovanni Andrea Scartazzini
Ulrico Hoepli Editore Milano, 1896, pagine 1169

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a cura di Federico Adamoli

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   Amàno-Amaro
   75
   Sollevare, Vòlgere in su, detto degli occhi, Purg. iv, 56. - 3. Detto delle vesti, vale Tirarle su, Par. xxi, 132 ; onde alzato per Succinto, Colle vesti alzate, Purg. x, 65. - 4. Riferito alla voce, vale Mandar fuori la voce, Profferir le parole, in tuono alto o più alto; Purg. xx, 123. - 5. Alzar le ciglia contro di alcuno, vale Rivoltargli superbamente; Inf. xxxiv, 35.-6. Alzar le vele, vale Mettere, Spiegare le vele, e figuratam. Partire, Mettersi in viaggio; Purg. i, 1.
   Alunno, ÌDH (=che fa fracasso), nome del principale ministro
   1 T T
   del re Assuero, fiero nemico dei Giudei, che fini miseramente su quello stesso legno che aveva fatto apprestare per impiccarvi Mardocheo, cfr. Esther, c. ili-vii. È ricordato come esempio d'iracondia punita, Purg. xvii, 26. « È notabile che Dante, sempre ligio a ritrarre anco le più minute circostanze accennate dalla Bibbia, faccia crocifisso Amano, mentre il sacro Testo lo dice impiccato ;» Poi. Dante lesse nel testo della Volgata, Esther, v, 14 : « Et iussit ex-celsam parari crucem ; » quindi dice che Amano fu crocifisso.
   Amante, propriam. partic. pres. di Amare, lat. amans ; Che ama. Usato in forza di Sost. Colui o Colei che ama d'amore; Inf. v, 134. E figuratam. Par. xi, 74.11 primo amante, Par. iv, 118, è Dio.
   Amanza, dal lat. amantia, prov. amansa; Donna amata; voce antiquata; Par. iv, 118.
   Amare, lat. amare, Voler bene, Portare affezione o amore, Essere affezionato ad una persona od a checchessia, ecc. Nel suo massimo Poema Dante usa questo verbo 36 volte; neWInf., nel regno dell'odio, tre sole volte, cioè Inf. n, 104 e due volte in un sol verso Inf. v, 103, parlando dell'amore appassionato fra persone di diverso sesso; nel Purg. la voce occorre 17 volte: i, 19; n, 88, 89; vi, 115; Vili, 73; Xiii, 36, 146; xv, 74 (due volte), 105; xvi, 47 ; xvii, 113, 120; xviil, 19, 33; xxiii, 92; xxxi, 23; nel Par. 16 volte: i, 15; Vili, 55; x, 11, 84, 141; xi, 63, 114; xiii, 54; xvii, 105; xxiv, 40; xxvi, 35, 65; xxvn, 133; xxviil, 72, 111; xxxiii, 126. In quest'ultimo luogo parecchi testi hanno te a me arridi (invece di te ami ed arridi), lezione che non sembra accettabile, sebbene sia di molti codd. Cfr. Moore, Criticism, p. 502 e seg.
   Amaro, dal lat. amarus, Add. Aggiunto di sapore acre, pungente, e per lo più dispiacevole, come quello dell'assenzio, dell'aloè e simili. Contrario di dolce. Dante usa questa voce quasi sempre in senso figurato, per Cosa che arrechi dispiacere o dolore, Severo, Aspro, Crudo, Doloroso e simili; Inf. i, 7; ix, 117; xxvtit, 93. Purg.