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Altra Lettera di Consolazione
A Donna Elvira Giampieri-Rossi, — a Firenze.
Stimatissima Signora.
Tutte le altre disgrazie s'impiccoliscono al nostro sguardo quando perdiamo persone care. Io lo so per prova, essendomi in questi anni mancati, a poca distanza di tempo, la madre, poi il padre, poi un fratello statomi compagno d'infanzia, e tutta la vita amicissimo. Dopo le angoscie del carcere, io viveva felice per lo amore di quei tre cuori eccellenti. La solitudine in cui mi trovo senza di loro, è sempre dolorosa, benché non paia eh' io sia solitario. Vedo gente, rendo giustizia all' amicizia eh' altri per me hanno ; ma nulla mi risarcisce della perdita de'genitori e di quel fratello: e questa è per l'anima una solitudine, una cessazione di felicità. Conosco simili inenarrabili sacrifizi, e quindi, Signora, la partecipazione eh' Ella mi fa del crudelissimo colpo da cui è stato lacerato il cuor suo, mi desta la più profonda compassione. Povera moglie! che strazio vedere estinguersi il fedel compagno della vita! e un uomo di così rara bontà! un uomo degno di ogni più tenera stima! A ciascuna espressione della sua lettera, sento la forza dei dolore più intenso, e piango con Lei. No, infelice donna, consolazioni umane non vi sono a tanta sventura. Ah! d'ora innanzi appoggiamoci all'unico vero sostegno degli afflitti! Fra le lagrime ch'Ella mi strappa, godo di leggere tutto ciò che v' è di religioso nella sua lettera. L'anima sua è piena di fede: ricorra continuamente a
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