— 82 —
chiedendo, in favore di essa, un congrua incoraggiamento. E presenta quel « Prospetto sullo stabilimento delle casse ipotecarie nazionali nelle province del Regno Unito delle due Sicilie » che leggesi nelle sue Opere complete.
Ma il Parlamento napoletano — come è noto — ha vita brevissima. Il re spergiuro si prepara a tornare sul trono all'ombra delle baionette austriache. Ed ecco il Comi definire, in piena Camera, il regime dei Barboni « genio malefico e governo vorace». E — come il pericolo si fa imminente — chiamare all'armi i concittadini e incitarli ad innalzare il grido iti guerra.
Tornando in Teramo, egli prova un'ultima gioia nel vedere di quanto amor di patria sia animata la nobile terra di Abruzzo e nel-l'apprendere che, fin gli alunni del Seminario di Penne, avevano disertato le aule per unirsi all'esercito precipitosamente organizzato dai generali Pepe e Carrascosa allo scopo di arginare l'invasione austriaca.
Purtroppo il generoso sforzo dei patrioti napoletani non fu — e non poteva essere — coronato dal successo. Dopo gli sfortunati scontri di Rieti e di Antrodoco, entrati gli austriaci in Napoli, fu restaurato il tristo assolutismo borbonico.
Il deputato teramano si restituisce, allora, al silenzio del suo laboratorio, prodigando, di nuovo, la instancabile operosità alle sue fabbriche, specialmente a quella di Giulianova, dove negli ultimi tempi, aveva fissato la sua dimora.
E qui finisce i suoi giorni, a 66 anni di età, il 10 ottobre 1830, tra il compianto dei suoi nuovi concittadini, che, con solenni esequie, ne seppellirono i resti mortali nella «propria chiesa sotto il titolo di Maria Assunta in eie lo» (1).
Maggiori e più durature onoranze avrebbero voluto tributargli i
(1) La malattia che lo trasse a morte fu una lesione bronchiale contratta nel respirare le esalazioni mefitiche del Vesuvio, durante una esplorazione del cratere compiutavi molti anni innanzi, a scopo scientifico, con lo Spallan-zani.