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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
Gli antichi ci hanno tramandato, insieme ai rudimenti di una scienza forestale, un ricco patrimonio di selve che abbiamo il dovere di conservare anzi ingrandire. Qualche volta gli uomini, per i quali 1' aumento del benessere immediato — scriveva il Clave — sembra la legge suprema, non vogliono sapere che il mondo non è creato esclusivamente per essi, e che fra le ricchezze di cui godono senza scrupolo ve n' è taluna di cui non sono che i depositari e della quale debbono render conto ai discendenti. Questo è il caso delle foreste, che più d'ogni altra cosa attestano la solidarietà che lega le diverse generazioni. Chi semina la ghianda .— dice il Piccioli — non potrà recidere la quercia annosa. Noi non siamo che gli usufruttuari delle foreste e ogni nostro abuso di godimento dovrà essere pagato caro, un giorno, da coloro che verranno, perché i prodotti boschivi non s'improvvisano come un magnifico discorso fiorito. È dovere di una generazione custodire anzi ingrandire la ricchezza forestale a beneficio non solo proprio ma specialmente dei discendenti, e ogni consumo inconsulto o abusivo, ogni trascuratezza non è solamente danno immediato ma specialmente futuro : ce lo insegna Victor Hugo con una frase scultorea: « C'est la substan-ce mème du peuple qu' emporte ici goutte a goutte, là a flots, le miserable vomissement de nos fleuves dans la mer ». Chi abbatte un albero senza piantarne due commette un delitto contro 1' umanità e mostra di avere la stessa coscienza morale dello storico egoista Luigi XI il cui programma disgraziato era sintetizzato nel noto aforisma, che era anche il suo programma di Stato: «apres moi le déluge ». E tagliando alberi il diluvio viene davvero perché i nubifragi devastatori non possono essere allontanati e frenati che dalle foreste.
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