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Questa è la leggenda materiata di prodigi che trova la più nobile espressione nell' arte di Virgilio.
Da un secolo a questa parte i moderni hanno rifiutato la leggenda, hanno schematizzato l'origine di Roma così:
I Latini scendono dai monti Albani verso il Tevere e occupano alcune alture (Settimonzio) poi su una di codeste alture fondano una citta: Roma.
Questa è la realtà storica: spogliata di elementi fantastici, povera, senza Marte, senza Remolo, senza la Lupa.
Ma pur senza prodigi favolosi la fondazione di Roma e la sua posteriore espansione è di per sé stessa un prodigio.
E' prodigio che un esiguo gruppo di uomini, poveri pastori, si assicuri la padronanza del corso del Tevere, che dia poi la libertà del mare, che riesca ad aggregare al piccolo colle il Campidoglio, stabilendovi il luogo della estrema difesa ed il centro della religione romana, dove domani le milizie presteranno il giuramento, dove saranno ricevuti i delegati delle nazioni straniere, dove si custodiranno i documenti della Storia e dell'Amministrazione romana, il luogo dove si giudicheranno i più gravi delitti contro lo Stato, si conierà la moneta argentea, dove la gioventù romana al compimento del suo undecimo anno indosserà domani 1' abito nazionale, la toga, dove si terranno i concili plebei, dove fece capo il trionfo.
Prodigio è la lotta di questo gruppo di valorosi con i popoli vicini, con i Sabini ai quali con la nuova città sbarrarono il cammino, più prodigio ancora è la lotta con gli Etruschi, possessori della riva destra del Tevere, più ricchi allora e più colti, con i latini gelosi della incoercibile vigoria che mostrava la più giovane della loro città, con gli Equi e i Volsci feroci vicini.
Quando Roma cominciava a stendere il suo scettro su più vasta regione, i Galli le piombano addosso, la prendono, la distruggono. I pochi cittadini superstiti pensano di abbandonare