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Già per bocca del padre Anchise erompeva dalla mite anima di Virgilio, il grido superbo della forte coscienza romana:
Tu regere imperio populos, Romane memento !
Roma! Quale mai nome è più grande, più nobile, più universale ?
Quale passione di figli, quale valore di cittadini, quale potenza di arte, quale fascino di bellezza, in questo solo nome di Roma!
Sono trascorsi 2680 anni ed essa anziché invecchiare si mostra al mondo florida della più rigogliosa giovinezza, incamminata a sempre più gloriosi destini.
Il tempo distrusse pur le rovine di citta formidabili, capitali di imperi immensi, di cui rimane appena una pallida memoria. Furono città ricche, gloriose, potenti. Gettarono fasci di luce nel mondo. E sparvero. Sparve Babilonia, la titanica metropoli dell' impero Caldeo, dai meravigliosi giardini pensili irrigati dal-l'Eufrate, dalle mura su cui potevano correre otto carri di fronte.
Riempirono il mondo della loro fama la gloriosa Ninive, Persepoli, la splendida dimora dei Re di Persia, Tiro e Sidone, fiorentissimi empori del commercio mediterraneo, Menfi, Carta-gine, l'emula implacabile di Roma antica.
Ed ora sulle loro rovine passa l'aratro e passano gli armenti.
Ma tu, Roma, vivi sempre. I secoli ti passano sopra, « ti fanno antica ma non vecchia; ti trasformano ma non ti distruggono. E tu, continui come gli astri del cielo, la tua via immortale, facendo risplendere in tutti i tempi, su tutte le genti, la Gloria tua, la tua sapienza, le tue leggi, la tua lingua, tutti i tesori della tua bellezza I