Umberto Adamoli
Nel turbinio d'una tempesta
(dalle pagine del mio diario. 1943-1944)

Fiamme sulla vetta

[93] Mentre le manifestazioni per la liberazione finivano, si compiva un atto molto significativo, sfuggito forse ai più. Le bandiere delle nazioni unite, issate con la nostra in segno di festosa solidarietà, per qualche tempo si ritiravano.
Molto sensibili i cavallereschi nostri nuovi alleati!
Per qualche giorno restava, così, sola la nostra bella bandiera, a palpitare nella serenità del nostro cielo.
Sola rimaneva quella bandiera, che consacrata nel sangue delle lotte e delle rivoluzioni, accompagnava l'Italia, quando, risvegliata, si metteva in marcia verso il suo nuovo destino. Quella bandiera che se, nelle sue vicende, era stata costretta a ripiegare su i funesti campi di Novara, risventolava, poi, più bella su i trionfi di S. Martino e sul sacro Campidoglio, luce del mondo.
Se altri popoli potranno superare, per vastità di territorio e potenza di ricchezza, il popolo rappresentato dal fatidico tricolore, nessuno mai lo potrà superare, come è confermato nella storia, per intelligente operosità, profondità di pensiero, forza di genio.
Sola, quindi, come sacro diritto, dovrà rimanere la nostra bandiera, e sola la nostra Italia Sola nelle sue istituzioni, nella sua fede, nelle sue creazioni, nella sua missione; sola nelle sue pene e nelle sue glorie.

[94] La storia, nella evoluzione e nella volubilità, s'intreccia di lieti e di dolorosi eventi. Le vette degli ideali umani, che sono molto in alto, che affannano i popoli eletti, si raggiungono soltanto a costo di molti sacrifici, a prezzo di molto sangue.
Il salitore, forte nel fisico, saldo nei propositi, sfida anche la bufera, che talvolta gli urla spaventosa d'intorno. La supera talora. Non sfugge tal'altra, per uno sciagurato sviamento, alla valanga, che lo travolge e lo ricaccia, malconcio e con scarse speranze, in fondo valle.
Anche l'Italia, malgrado il baratro, entro il quale, per avversi eventi, è ancora una volta caduta, ritenterà la salita, verso quella vetta di luce, segnata ad essa, sin dai tempi più oscuri, dal divino destino. E risalirà, come ebbe a risalire, con Roma dopo Canne; come ebbe a risalire trionfalmente, dopo Novara, dopo Caporetto, e come dopo Adua nella luce di Addis Abeba.
Non lo dimentichino quei popoli, che si svegliarono dal secolare torpore ed acquistarono diritto di vita, nelle leggi di Roma. Non lo dimentichino quegli Italiani, che, per uno sciagurato sviamento, battono altra strada, adorano oggi l'insegna non latina, dal colore di sangue.
Teramo, afflitta ma non depressa, ritrovata sè stessa, una volta ancora accompagnerà, nel difficile cammino, con tutte le forze, con tutto l'antico amore e valore, la sua grande dolorante madre.


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