Umberto Adamoli
Dichiarazione al Prefetto di Teramo di Vitalio Behar - ottobre 1944
(ebreo di Parigi internato a Teramo)



All'Eccellenza il Prefetto
Teramo

Appena dopo l'occupazione di Parigi, luogo di nostra residenza, da parte delle truppe tedesche, si ebbe ad iniziare, spietatamente, la caccia agli ebrei, per essere trasferiti, poi, in qualità di internati, nei campi di concentramento della Germania e della Polonia. Nessuno vi era escluso, neppure noi che, pur dinanzi a molte difficoltà, avevano conservato gelosamente la nostra nazionalità di italiani. Pensammo, di conseguenza, di metterci in salvo, col rifugiarci nel territorio della nostra patria.
A Teramo, ove ci dirigemmo e dove ci troviamo tuttavia, per l'umanità dell'autorità comunale, avemmo larga assistenza morale, ma per le leggi fasciste contro di noi, che allora vi vigevano, nessuna assistenza finanziaria, di cui avevamo pure tanto bisogno. A Parigi vivevamo agiatamente, in quanto vi conducevamo una bene avviata azienda commerciale, ma non avevamo riserve di danaro da poter portar via in misura tale, da essere poi sufficiente per i nostri nuovi bisogni. Né era stato possibile portare con noi una quantità di roba superiore a quella contenuta dalle nostre poche valige. Nella fretta della partenza non era stato, inoltre, possibile di regolare in modo migliore i nostri affari.
A Teramo dovemmo sostenere molte spese per i rifornimenti di oggetti personale di più urgente necessità, ed anche per sottrarci, in continue fughe, alle nostre ricerche, pure qui iniziate dall'odio e dalla violenza tedesca.
Esaurite quindi le nostre riserve, che erano state già falcidiate dal cambio, da franchi francesi a lire italiane, ci dibattevamo in grandi difficoltà, quando per fortuna giungeva la liberazione, anche per Teramo, dall'occupazione dei Tedeschi.
Subito dopo furono estese anche a noi le provvidenze di guerra, ma nella qualità di sfollati, anziché di quella di internati politici, come avremmo dovuto essere considerati. Noi lasciammo Parigi non per sfollamento, ma per sottrarci al campo di concentramento, nel quale eravamo stati già destinati.
Si prega, quindi, per una revisione della nostra posizione, affinché si possa dare a noi la nostra vera qualifica di internati, e con decorrenza del 1 aprile 1943, giorno del nostro arrivo a Teramo, con il relativo migliore trattamento economico.
Nel caso contrario, non avendo più propri mezzi, non sapremmo come ulteriormente provvedere ai bisogni nostri e delle nostre molte famiglie. Non ci è per ora possibile, per le ragioni della guerra, tornare alla nostra attività a Parigi, né qui avere una qualunque altra occupazione, da cui trarre i mezzi necessari al nostro vivere.
Nella certezza che sarà resa a noi giustizia, nell'attribuirci, con l'aumento del sussidio, la nostra vera qualifica, si anticipano, con gli ossequi, i più vivi sentiti ringraziamenti.
Teramo, 20 ottobre 1944

(Vitalio Behar per sé e per molte famiglie di correligionari)

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