a cura di Federico Adamoli Il podestà che salvò gli ebrei> a cura di Federico Adamoli Il podestà che salvò gli ebrei> Il podestà che salvò gli ebrei - <h4>a cura di <i>Federico Adamoli</i></h4>

a cura di Federico Adamoli


Il podestà che salvò gli ebrei


Pagina 16 di 19       

%


     Alla fine della guerra è stato liberato e ha potuto tornare in Italia. Purtroppo però ha avuto la certezza, appena tornato, che la moglie e la bambina erano state uccise subito. Un altro motivo per cui era riuscito a sopravvivere era evidentemente anche la speranza di ritrovare in vita la moglie e la bambina, anche se poi c’era sempre il compagno di baracca che gli diceva: “Ma cosa vuoi trovare in vita, sono lassù, in quel fumo che esce dal camino”. Però sappiamo che la speranza è veramente l’ultima a morire.
     Comunque poi è tornato a Firenze. Vi potete immaginare la solitudine di quest’uomo, che un anno o poco prima era vissuto in fondo felice in questa città, malgrado le leggi razziali, malgrado che la moglie fosse stata espulsa immediatamente dalle scuole dove insegnava e la bambina non potesse frequentare le scuole pubbliche. La cosiddetta persecuzione dei diritti in fondo era tragica, però si poteva ancora vivere; soprattutto in una città dove c’era una comunità ebraica discreta si poteva veramente sopravvivere. A Firenze ha ritrovato la sua tipografia ? perché la Giuntina per 100 anni è stata una tipografia ? e si è dedicato anima e corpo al lavoro, che lo ha aiutato a vivere; solamente la sera, solo a letto, avrà provato sicuramente grande angoscia... Poi, come se non bastasse, ha avuto la forza di ricostruirsi una vita, anche se non era più giovanissimo, aveva 43-44 anni. Quando riuscì ad andare a un incontro ebraico dove conobbe la mia futura madre. Anche mia madre ha avuto la sua storia, perché il marito gli morì pochi giorni prima dell’8 settembre, il giorno dell’invasione tedesca dell’Italia. Con un bambino di 4 anni dovette subito fuggire e nascondersi.