Umberto Adamoli

'La Festa Nazionale degli Alberi'
Silvi, 17 dicembre 1933


     Si ripete oggi qui in Silvi, come del resto si va ripetendo in tutti i comuni, una delle più significative feste italiane, quale è la Festa nazionale degli Alberi, di recente istituzione, almeno come festa nazionale.
     Gli alberi, che come un particolare privilegio ebbero in origine a coprire, ad ingentilire la nuda e deserta terra, coprivano anche in antico questa contrada, quei colli, quei poggi, dando così al villaggio che dagli alberi usciva, o meglio che dalla Selva usciva, il gentile nome di Silvi. I suoi abitanti quindi debbono sentire più vivamente la bellezza di questa festa, e più vivamente debbono aspirare, come per eredità, ai boschi, ricchi sempre di ombre ristoratrici e che ripetono nei secoli, con gli infiniti suoni, i solenni e divini canti della grande natura. E questi alberi che oggi come rito sacro piantiamo qui, dovranno a mano a mano fasciare, ornare questa spiaggia, bella fra le belle, e ricercatissima per il riposo, il ristoro estivo; dovranno risalire quei colli, quei poggi per ricostituire ed offrire, per i giorni di caldura, le verdi oasi, inspiratrici sempre di nobili sensi, di viva ed educatrice poesia.
     Non potranno certo riprendere gli alberi, i boschi il dominio pieno di un tempo. Gli olivi, sacri all'agricoltura, simbolo di pace e di ricchezza, benedizione delle campestri famigliole; le vigne, dai grappoli d'oro, fornitrici di benessere, di conforto, di letizia non cederanno certo più le loro conquiste, ormai in questa contrada saldissime. Ma gli altri alberi, come quelli forniti così abbondantemente generosamente dalla benemerita Milizia Forestale, e come giusta reazione alle incomprensioni, ai danni patiti, agli assurdi tagli, alle assurde distruzioni ovunque compiute nel passato, e per opera, per il forte volere del chiaroveggente governo fascista, torneranno a ricoprire i nudi monti, le terre incolte, le valli, i viali, i nudi poggi per rendersi così nuovamente utili poiché come si sa, come si deve sapere, gli alberi, i boschi rappresentano, costituiscono nel patrimonio dello Stato, nell'economia, nella vita dello Stato, il legname di ogni specie e d'ogni valore che offrono alle industrie, ai commerci, e per tutto quanto si ricava da essi, una vera ricchezza. Costituiscono ancora grandissima importanza geologica, impedendo, nelle regioni di montagna la formazione e la precipitazione di valanghe e di frane, sempre dannose, sempre luttuose per i valligiani e per i villaggi. Costituiscono grandissima importanza climatica, neutralizzando, mitigando i rigori delle stagioni invernali. Costituiscono finalmente grandissima importanza in quanto raccolgono in sé e proteggono, come è noto, la fauna, non meno pregiata, non meno utile all'economia nazionale.
     Da lato estetico, tutti sanno che gli alberi, le piante costituiscono in ogni regione, in ogni provincia, in ogni comune uno dei migliori ornamenti.
     Dal lato poetico potrei aggiungere che non torneranno più ad abitare queste grandi o piccole nuove selve le deità boscherecce, le draidi voluttuose e volubili, care alla fantasia degli antichi poeti. Ma non vi mancheranno, specialmente nella bella stagione e con la piumata e canora famiglia, altre deità, altre draidi meno gentili e spesso non meno volubili, ma viventi non più nella fantasia del poeta, ma nella realtà dei sensi, dell'amore, della vita. Quelle draidi gentili che finiscono poi quasi sempre, dal verde dei boschetti, dalla poesia delle solitudini, dinanzi al podestà per compiervi altro rito, che se è caro alle fanciulle, non è meno caro, per la perpetuità, per il valore, per la forza della razza, e per la grande idea imperiale, al nostro umanissimo Duce.
     Si benedicono, quindi gli alberi; si rispettino, si amino gli alberi. E si benedicono queste feste agli alberi dedicate. Queste Feste instituite in Italia in omaggio, in onore appunto, della ricostituzione, della perpetuità dei boschi; in omaggio, in onore della bella vegetazione, della santa e feconda natura, fornitrice di ogni bene, nostra grande e generosa madre.
     Ed ora a noi; al lavoro.

     Silvi marina, 17 dicembre 1933-XII

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