Umberto Adamoli

Articolo pubblicato su "Il Finanziere", Giornale della R. Guardia di Finanza del 25 luglio 1926

Un sentimento solo



La lettera che pubblichiamo tra le moltissime altre pervenute sullo stesso argomento, è l'espressione di uno stato d'animo mosso dal fervore di sentimenti nobilissimi, di pure idealità cui va reso il tributo d'incondizionato omaggio. Se lo scritto pubblicato su Le Forze Armate avesse lasciato il Corpo indifferente dovrebbe essere in ciò più motivo di scontento che di soddisfazione.
Che tale indifferenza non fosse possibile ce lo rivela questa replica appassionata, mostrandoci tutta intera e schiettissima la nobiltà dei suoi moventi e la natura fieramente soldatesca di essi, la forza e la sanità di uno spirito di corpo che deve essere considerato, sopra tutto, come un patrimonio prezioso da conservare e non da disperdere.
Perciò pubblichiamo la lettera, bene augurandoci che il significato di tale documento non sfugga all'alta considerazione di chi può tenerne il meritato conto.

Ill.mo Sig. Direttore,

Nel vedere nel numero de "Le Forze Armate" il nome della R. Guardia di Finanza, scritto a caratteri bene visibili ed in prima pagina, un sospiro di sollievo emettevano i soldati gagliardi e fedelissimi dalle fiamme gialle. Finalmente dalla nuova stampa militare si parlava di loro, forza armata tutt'altro che trascurabile o da trascurarsi. Ritenevano, però, che dopo due secoli della più pura italianità e del più puro valore, tanto da essere definiti dalla storia - "Uomini arditi dalla risoluzione pronta e dall'impeto audace; truppa salda, dal cuore fermo nel pericolo, forte nelle privazioni, sereno nel sacrificio" - si parlasse di essi con altri propositi e con altri intendimenti, in ben altro modo, per giungere a ben altre conclusioni.
Non è che se ne sia parlato male, tutt'altro. L'articolista ha talvolta avuto buone parole e lodi, ma le une e le altre sono sembrate un po' il canto delle sirene. Dopo i fiori ad un tratto si usano le spine, e, con le spine, tanto per seguire forse una corrente di questi giorni, affermazioni molto superficiali e giudizi completamente errati. Si è voluto fare il confronto con l'ordinamento e con le attribuzioni in pace ed in guerra con l'Arma dei RR.CC. - Non vi è altro di più errato! I carabinieri, nei secoli fedeli e nelle loro secolari benemerenze, sono carabinieri: i finanzieri, nei secoli purissimi italiani e nelle loro non meno secolari benemerenze patrie, sono finanzieri. Gli uni e gli altri quindi non sopportano confronti.
Non si comprende poi la distinzione che si tenta di fare del servizio d'istituto dei due Corpi. I Reali Carabinieri avranno una legge d'ordinamento, ma anche i finanzieri hanno la loro legge d'ordinamento, che nel concetto istitutivo, nell'articolo primo, dice:
"Il Corpo della R. Guardia di Finanza ... fa parte integrante della forza pubblica e delle forze militari dello Stato ed è deputata a:
a) impedire ecc.
b) concorrere alla difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica e, in caso di guerra alle operazioni militari".
Non è quindi da porre in dubbio, sino a quando le leggi hanno ancora un significato e rappresentano ancora un valore, le attribuzioni militari delle Guardie, in virtù appunto della loro legge costituzionale, attribuzioni non volute, non strappate da vuota ambizione e da inutile vanità, ma promosse, ma meritate spargendo nei secoli e nei giorni del tormentoso lavorio per l'indipendenza e per il riscatto nazionale, nelle sommosse e sui campi della gloria, copioso e prezioso sangue.
E' molto arbitraria l'affermazione della maggiore o minore capacità ed idoneità militare degli Ufficiali degli uni su gli Ufficiali degli altri. L'articolista, evidentemente, ignora o dimostra di ignorare non tanto la scuola per gli Allievi Ufficiali, quanto il programma vasto e severo che in essa scuola si svolge e gli studi che si compiono sulle materie e sulle dottrine militari; ignora o finge d'ignorare la partecipazione, almeno sino ad oggi, di questi Ufficiali con risultati ottimi, in quasi tutte le scuole militari, quella di guerra non esclusa; ignora o finge d'ignorare i reparti d'istruzione, con preminente insegnamento militare, ove questi Ufficiali, con opportuno avvicendamento si tengono bene al corrente e bene addestrati, anche nelle innovazioni nella nobile arte delle armi. Molte cose vuole ignorare, non ultima la partecipazione, dei finanzieri nel modo più perfetto organicamente costituiti in battaglioni, al Comando di propri Ufficiali, in quasi tutte le esercitazioni di una certa importanza ed in tutte le manovre. E che dire delle manovre coi quadri?
Non si sa se si possa dire altrettanto per gli Ufficiali dei RR.CC. né si sa se il programma militare, da ritenersi completo, non per una buna ma per un'ottima preparazione alla guerra, potesse subire, nel caso dell'incorporazione della Guardia nell'Esercito, variazioni.
La R. Guardia di Finanza non ha forza in congedo? Non esiste per essa mobilitazione? Non si spiega dove l'articolista abbia potuto raccogliere tali notizie. Se egli si compiacesse di esaminare, oltre il regolamento organico, la legge d'ordinamento del 14 Giugno 1923, e propriamente l'art. 8, ne sarebbe ben disingannato.
E' vero che i carabinieri non mobilitano reparti organici, e che il solo reggimento inviato nell'ultima guerra, per esigenze del loro speciale servizio, dopo la sanguinosa azione sul Podgora, fu scelto; ma non altrettanto può dirsi ed affermarsi per la R. Guardia di Finanza.
Entrava essa in guerra con ben 18 Battaglioni e con ben altri risultati. Sarebbe troppo lungo, anche a voler giudiziosamente riassumere, farne qui la storia, e rammentare i gloriosi episodi e le gloriose pagine di ardimento e di valore. Non è fuor di posto, però, tanto per non fare soltanto chiacchiere, la citazione di tre giudizi, emessi da tre autorità diverse, in tre punti diversi e lontanissimi del campo di battaglia, nell'ultimo anno di guerra.
Il Generale Cangemi nelle Alpi del Trentino, rivolgendosi ai militari della Guardia in un ordine scritto diceva:
"Nell'accomiatarmi da voi sono fiero di accompagnare alla parola di saluto la espressione del mio compiacimento e della mia gratitudine per l'intelligente cooperazione.
Forti e vigili scolte di questi passi alpini, così oggi al IV. anno di guerra, come al primo giorno, che non domi dai lunghi disagi delle trincee deste volontari ad ogni impresa nella quale si chiedesse di osare".
Nel medesimo tempo, nel basso Piave, il magnifico principe guerriero, S.A.R. il Duca d'Aosta, nel concedere sul campo la medaglia al Comandante del 7. Battaglione, tra l'altro scriveva al Comando Generale:
"L'alta ricompensa è degno riconoscimento del valore dei reparti della R. Guardia di Finanza, che sempre nelle giornate più aspre furono degni compagni dell'eroismo e dei sacrifici delle migliori truppe della III. Armata".
Non delle truppe, si noti, ma delle migliori truppe! E' l'altro giorno lo stesso Augusto Principe scrivendo ancora al Comando Generale diceva "Ho sempre presente il tributo di sangue da esse dato alla Patria e la devozione onde sul Carso e sul Piave militarono nella mia III. Armata".
Il Generale Ferrero, in Albania, dopo di avere emanato a tutto il 16. Corpo di occupazione, un entusiastico ordine del giorno per l'opera eroica compiuta in difficili contingenze dalla R. Guardia di Finanza ai suoi ordini, telegrafava al Comando Generale:
"Nella relazione che invierò al Comando Supremo risulterà contegno ammirevole tenuto durante recenti operazioni guerra dal 16. e dal 18. Battaglione Finanza.
Sono lieto intanto segnalare alla S.V. mia viva soddisfazione opera compiuta da suddetti Battaglioni".
Nessuno mai ha posto in dubbio l'opera energica e fedele dei Carabinieri Reali, prestata nella recente guerra nell'interno del territorio nazionale, e, nell'ampia fronte, nell'intrico dei camminamenti, nelle vie a tergo degli operanti, negli alloggiamenti di riposo, presso i magazzini, la medaglia d'oro concessa alla loro Bandiera consacra questi indiscussi meriti. Nessuno, mai, però, potrà attenuare l'opera fervida e gloriosa compiuta ovunque sempre, non nelle retrovie, ma sulla linea del fuoco e dell'onore, in difficile cimenti ed in difficili contingenze, dai Finanzieri d'Italia. I documenti e la storia dovranno pure ancora avere un valore, dovranno pur servire ancora a qualche cosa!
E' vero, entro la struttura dell'Esercito mobilitato ed operante, come un po' stranamente afferma l'articolista, non sono contrabbandi da impedire né contribuenti imboscati da scoprire; ma di fronte a questo Esercito vi è un nemico minaccioso contro il quale, non gli uomini, miseri atomi in continua trasformazione, ma le cose belle eterne superiore, ma la Nazione, l'Italia, la Patria in pena ed in pericolo invoca in sua difesa e per la sua salvezza, i suoi figli migliori, tra i quali i gagliardi soldati delle sue frontiere.
Ma nella rapida risposta, che non spera pubblicazione, ma spera seria ponderazione da parte di coloro che troppo affrettatamente giungono a giudizi non esatti, è ora di concludere, non senza rivolgere però a questi Signori una viva raccomandazione. Prima di accingersi nuovamente a trattare un argomento così delicato ed importante cerchino di conoscere un po' di più e un po' meglio la storia di questo Corpo davvero magnifico. Essi molto potrebbero apprendere da questa storia, e vi troverebbero pagine di così devota abnegazione, di così puri e santi sacrifici, di tale e tanta elevatezza e nobiltà da scuotere, da commuovere i cuori più duri, da far modificare i più ostinati ed assurdi pregiudizi. Essi potrebbero finanche indursi nell'entusiastico commovimento, ad abbracciare il primo Finanziere che si incontri per via.
Sembrerà strano davvero che mentre molti compirebbero riti di ogni maniera e porterebbero ceri a tutti i santi per ottenere, in caso di guerra, la sicurezza delle retrovie, i Finanzieri, ai quali si offre la posizione dei vigliacchi, se ne offendono, se ne disdegnano, fieramente insorgono. Non si contrastino, via, questi sani e robusti soldati, i quali, alla fine dei conti non desiderano, non domandano, nella santità delle loro aspirazioni, nella santità delle loro superiori idealità, che di accorrere, con la propria bella e nobile divisa, nel giorno del pericolo, e con essa morire, in difesa della loro Patria.
La R. Guardia di Finanza non si accontenta, no, dei segni esteriori, come non si appaga, senza il suo reale, intero, profondo contenuto e significato, della sciarpa azzurra e delle stellette. E la Bandiera perché è stata dimenticata? Eppure la R. Guardia ha una Bandiera, consegnata ad essa 12 anni or sono, nella forma più solenne, da S.M. il Re. Si vede che tale ricordo, connesso alla magnifica relazione di proposta del Ministro della Guerra del tempo, Generale Spingardi, e delle 2 medaglie al valore militare di cui è fregiata, avrebbe sconcertato, e non poco, nelle deduzioni e nelle conclusioni l'articolista!
Voci vaghe che in questo momento, giungono da lontano profondamente turbano gli animi dei Finanzieri. che si stia per davvero preparando, nel silenzio, alla chetichella, un qualche provvedimento contrario alla stessa istituzione, allo spirito, al prestigio, alle aspirazioni, alle idealità dei soldati Gialli? Non può essere, non è da crederlo, non essendo negli usi e nelle finalità del Governo Nazionale di oggi e del saggio magnifico Duce contrastare le cose belle ed utili, offendere gli interessi ed i benemeriti della Patria. Se malauguratamente, nonostante l'assurdità, ciò avvenisse, quella sacra Bandiera "illuminata dalla luce di gloria che su di essa proietta l'eroico sacrificio di quanti in guerra o nelle contingenze del servizio caddero in nome di essa" dovrebbe essere abbrunata, e nella accorata attesa dell'opera del tempo galantuomo e della opera di giustizia, già una volta resa dal senno dei governanti, i settecento decorati al valore militari, i 500 mutilati, i 3000 feriti, le tombe dei 2000 caduti combattendo per una santa idealità e per la Patria, tutti i Finanzieri, raccolti in ispirito attorno alla tomba del Milite Ignoto, che potrebbe anche essere un milite delle Fiamme Gialle, dovrebbero vestire a lutto!
Non si cancellano, con un tratto di penna, due secoli di gloriosa storia, né si spengono le più belle e sante idealità!
Con ossequi
Cap. UMBERTO ADAMOLI
Chieti, 20 luglio 1926.



Editoriale de 'Il Finanziere' alla stessa data, alla cui questione fa riferimento l'articolo di Umberto

Questione fondamentale


Il giornale militare Le forze armate ha pubblicato nel suo numero 26 del 16 luglio u.s. un articolo dal titolo: La Regia Guardia di Finanza, dal quale, per l'importanza dell'argomento e della trattazione, dobbiamo occuparci. L'articolo esamina l'antico "e lodevole nel sentimento che lo ispira" desiderio della R. G. di Finanza di vedere "riconosciuta e proclamata la sua appartenenza all'Esercito" discutendo le ragioni sostenute in appoggio di questa tendenza con argomentazioni che vanno esaminate.
Lo scrittore osserva anzitutto che il confronto tra Corpo e Carabinieri circa la doppia dipendenza non può reggersi completamente perché il Servizio d'istituto pel Corpo ha esigenze ben diverse di particolare preparazione specifica, rispetto al servizio d'istituto dei Carabinieri. Infatti, per i Carabinieri il reclutamento degli ufficiali viene fatto principalmente col trasferimento nell'Arma di ufficiali combattenti dell'Esercito, mentre per la Guardia si deve provvedere al relativo reclutamento con una apposita scuola. Questa differenza, afferma lo scrittore, è sostanziale e dice che essa significa "che gli ufficiali della R. Guardia sono più apparecchiati alle funzioni d'instituto che alla funzione militare, laddove gli ufficiali dei Carabinieri sono più apparecchiati alla funzione militare che a quella d'instituto".
In secondo luogo la R. Guardia non ha "forza di congedo", è una forza prettamente permanente per la quale il fatto della mobilitazione non esiste nel senso generale che vale per tutti gli altri corpi militari. Quindi i servizi d'istituto nelle mobilitazioni future troveranno uno sviluppo assai maggiore che per il passato, non soltanto alle frontiere, ma anche all'interno, cosicché, la mobilitazione lascierà disponibile poca gente la quale non abbia da fare nei compiti particolari del servizio stesso. Con questa poca gente - ammette lo scrittore - "potranno essere formate piccole unità da mandare alla guerra, così appagando il legittimo desiderio che la R. Guardia ha di apparire, quale veramente è, forza armata della nazione". Ammessa invece come effettuata l'appartenenza del Corpo all'Esercito, con la conseguente creazione dei propri centri di mobilitazione, salta fuori subito un'altra differenza - "la massima" - dice l'articolista, tra R. Guardia e Carabinieri reali. Questi infatti per ciò che riguarda la guerra impiegano la propria forza in congedo nelle accresciute necessità del servizio d'istituto inerenti alla zona di guerra ed a quella stessa delle operazioni, mentre il servizio d'istituto della R. Guardia non ha nulla a che vedere, né può averlo mai, con tali compiti.
E poi, seguitando, lo scrittore si domanda: "Come sarebbero inquadrate le molte migliaia di gregari della R. Guardia richiamate alle armi dal congedo?... Come sarebbe concepibile la formazione di grandi unità di guerra della R. Guardia?" Lo scrittore ripete ancora, prima di conchiudere che "la fervida aspirazione della R. Guardia è ad essa molto onorevole: dimostra che è salda in essa la coscienza di meritar l'onore di appartenere all'Esercito per buona disciplina e per l'efficace zelo con cui assolve i doveri del suo importantissimo ufficio di instituto". Ed inoltre trova che chi "guardi alla sostanza delle cose, deve riconoscere che la R. Guardia già appartiene all'Esercito; ciò che la R. Guardia ancora si duole di non ottenere è assai poca cosa in confronto di ciò che ha ottenuto per averlo meritato".
Infine, nella conclusione, lo scrittore torna al punto di partenza per ribadire il concetto che tra i due servizi d'istituto della Guardia e dei Carabinieri c'è una diversità profonda, perché "il servizio d'instituto dei carabinieri è necessario - è vitale - per entro l'organismo dell'Esercito mobilitato, laddove il servizio di instituto della R. Guardia è assolutamente estraneo ad ogni necessità dell'Esercito mobilitato".
Queste, nel loro complesso, le considerazioni dello scrittore dell'articolo e che, dobbiamo ritenere, riassumono autorevolmente il pensiero delle alte sfere militari sulla questione, considerazioni le quali nel campo di confronto dove sono state prevalentemente mantenute, sembrano essere inoppugnabili. Ma noi ci chiediamo come mai lo scrittore non abbia creduto di toccare il dato di fatto della parte avuta in guerra dalla R. G. di Finanza, dove gli stessi interrogativi lasciati in sospeso nell'articolo avrebbero trovato la loro esauriente risposta. Nella guerra, infatti, la R. Guardia ha adoperato la propria forza in congedo, sia pel servizio territoriale che per quello mobilitato e, salvo l'episodio di un contrordine presto eliminato, la misura ha corrisposto alle esigenze del servizio tanto d'istituto come di guerra, provvedendo ai bisogni dell'inquadramento senza uscire dalle file del Corpo.
Diremo di più: nel servizio mobilitato la R. Guardia di Finanza ha concorso largamente a sussidiare i R. Carabinieri proprio nel loro servizio d'istituto, essendo questi insufficienti numericamente al bisogno, e compiendo ottimamente il compito affidatole. Il che sta a dimostrare come, anche per questo verso, di fatto non ci sia "l'assoluta" incompatibilità, come la vuole lo scrittore, tra i due diversi servizi d'istituto; o meglio il Corpo possa concorrere, quando occorra, in guerra, nei servizi affidati all'Arma.
E, se si pensa all'impiego fatto dei battaglioni, sempre nella guerra, non è necessario un grande sforzo per immaginare la costituzione di una grande unità - non diciamo di più - comandata dagli stessi organi preposti alla testa del Corpo che sono essenzialmente organi di comando militare.
La esperienza della guerra, diciamo insomma, vale qui come la dimostrazione del filosofo che provava l'esistenza del moto, camminando. Gli errori e le deficienze che si sono verificati allora non hanno impedito che il Corpo tenesse il suo posto d'onore in piena coesione con le altre truppe e spesso primeggiasse per impeto bellico e valore soldatesco. Né vi sono state difficoltà d'inquadramento che non potessero essere superate; né il servizio generale d'istituto ha dovuto subire qualsiasi inconveniente per il fatto dei reparti operanti in guerra.
In ogni caso, la conservazione dei richiamati nel Corpo rappresenterà sempre un tornaconto per i servizi di vigilanza interna nei quali, durante la guerra, s'impiegano forze militari poco preparate a tali servizi e che possono essere rese disponibili invece pei compiti della zona di guerra.
Così, le obiezioni opposte dallo scrittore in quanto tocca l'impiego di guerra del Corpo sono eliminate dallo stesso dato di fatto dell'esperienza passata, che pure era servita a concretare un progetto di completa organizzazione militare studiato da un'alta autorità tecnica, S. E. il generale Ferrari, quando egli teneva la carica di Ispettore generale del Corpo. Tale progetto, evidentemente, superava tutte le difficoltà ora affacciate armonizzando interamente gli scopi del servizio con quelli militari.

Ma poi, la R. Guardia di Finanza nel tenere gelosamente alla sua caratteristica di corpo militare - a parte la questione della dipendenza - esprime il senso di una necessità profonda della sua costituzione, del suo funzionamento, delle esigenze del suo prestigio nei riguardi stessi del servizio d'istituto. La storia della legislazione organica del Corpo è il documento vivo di questa verità. "Io vi propongo di estendere alle guardie di finanza militarmente organizzate - diceva l'on. Minghetti nella relazione ministeriale al disegno di legge 3 febbraio 1875 - la disciplina e la giurisdizione penale militare, sembrandomi questo uno dei mezzi più potenti per dare la necessaria energia ad un Corpo chiamato a far parte della forza pubblica e per infondergli un elevato sentimento del dovere e lo spirito d'abnegazione per il pubblico servizio".
Senza l'inquadratura, l'ordine, la disciplina dell'assestamento militare che il Corpo è venuto prendendo, senza la coscienza di possedere un prestigio militare vero e proprio, la sistemazione del servizio d'istituto, la vitalità del Corpo, l'efficacia del suo rendimento sarebbero rimasti problematici. E' un fatto che lo sviluppo del servizio, la larghezza dei suoi risultati sono andati di pari passo con l'affermarsi dell'organizzazione militare. Lo scrittore de "Le forze armate" dice che, quando si guardi alla sostanza delle cose "la R. Guardia già appartiene all'Esercito". Ora, è proprio il possesso di questa sostanza al quale la R. G. di Finanza ha sempre rivolto tutte le sue aspirazioni, ed ha offerto ogni prova per meritarselo pienamente. E nei compiti della guerra, senza che essi debbano identificarsi con quelli dei Carabinieri reali, vi è posto, come lo stesso scrittore accenna, per impieghi nei quali la R. G. di Finanza può portare il frutto della sua dura preparazione soldatesca di guerra guerreggiata anche in tempo di pace.
Dopo vent'anni dacché l'ordinamento del Corpo ha assunto struttura decisamente militare dovrebbe almeno essere eliminata ogni ambiguità nel suo impiego. Il dubbio espresso dallo scrittore che vi possa essere contraddizione tra le esigenze del servizio d'istituto ed i compiti militari del Corpo è eliminato dalla prova dei fatti. Se mai questa prova dimostra precisamente l'opposto e consiglia di non disperdere un capitale morale il cui valore non è mai trascurabile, specie quando vi si può fare sicuro assegnamento per l'ora della prova suprema.
"Le tradizioni militari della R. Guardia sono vere - afferma lo scrittore da noi commentato - ma anche sono naturali". Ragione di più perché esse non debbano andare disperse.

IL FINANZIERE

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