Un volo di 55.000 chilometri
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preso il solito regime: uova da bere prima di partire e uova sode in viaggio, innaffiate con un'ottima bottiglia di Porto. Sì giungeva così in buone condizioni al pasto serale, che era per noi l'unico della giornata.
Alle 12.45 ero pronto e ripartii per Hong Kong. Il tempo era buono; il vento, come avevo previsto, veniva dall'Est, e quindi mi era favorevole. Gradatamente presi quota fino a 1000 metri.
Nella rotta tra Amoy e Hong Kong trovai sul mare un numero stragrande di velieri e di giunche di ogni genere, ancora più che sulla costa tra Shanghai ed Amoy.
Dopo la solitudine in cui mi ero trovato in tante tappe precedenti, ero assai lieto di vedere quell'animazione sul mare.' Però questa gioia era torìnentata da una pulce che mi avevano, come suol dirsi, messa in un orecchio, ripetendomi che non era difficile incontrarsi in barche di pirati e di predoni; e che, in caso di discesa forzata, occorreva stare guardinghi e sul chi vive. A buon conto avevamo ima pistola.
Intanto col vento da Est facevo una media di 175 chilometri all'ora, e così alle 15.40 arrivai su Hong Kong.
Feci un giro nella rada e'ammarai presso una imbarcazione, attiratovi dalla bandiera indicatrice.
Nel porto di Hong Kong c'era l'Hermes, nave portaeroplani della Marina Britannica, la quale appunto aveva inviato per il mio ormeggio un'imbarcazione con bandiera, dove stavano un ufficiale e il nostro Console Generale. Misi senz'altro mano al rifornimento, per ripartire la mattina dopo al più presto. Si lavorò così fino alle ore 18, e quindi finalmente ci potemmo recare in città; ma dovemmo fare ancora un'ora di navigazione a bordo di un rimorchiatore.
In città conoscemmo i pochi Italiani colà residenti; non mi riuscì di andare a dormire prima delle 11. Così in due giorni e mezzo avevo fatto 3600 chilometri, dormendo in totale solo sei ore; pure non mi sentivo molto stanco, e d'altra parte avevo una grande smania di correre per approfittare delle condizioni favorevoli del tempo.