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Francesco De Pinp.do
L'ultima parte del viaggio da Tokio a Roma presentava maggiori coefficienti di successo rispetta alle precedenti. Oramai mi era facile telegrafare per avvisare del mio arrivo nelle varie tappe e predisporre quindi i rifornimenti, in modo che si potessero fare nella maniera più sollecita.
Alla fine di settembre finiva la stagione dei Monsoni dell'Ovest e si iniziava un periodo di calme o di venti dall'Est e dal Nord-Est, favorevoli specialmente per scendere lungo le coste della Cina, dove avevo in programma alcune traversate piuttosto lunghe. Era prevista una zona di piogge e di cattivo tempo nel Siam, superata la quale però avrei avuto buon tempo e venti deboli nella traversata del Nord India, e poi tempo generalmente buono fino al Mediterraneo; qui mi premeva di arrivare al più presto possibile, perchè nel novembre spesso il tempo vi è cattivo e i venti molto forti. C'era solo qualche incognita sul Golfo Persico, per i cicloni che di tanto in tanto imperversavano in quei paraggi. Un buon coefficiente per pn viaggio rapido era il fatto che, andando verso ponente, guadagnavo sulla luce diurna giornalmente un periodo di tempo non disprezzabile. Inoltre si avvicinava la fase della luna piena, che mi dava la possibilità di finire all'occorrenza qualche tappa al chiarore limare. Non potevo, naturalmente, prescindere dagli imprevisti che, difatti, poi ebbi, ma avevo tuttavia preparato un programma di viaggio, che si doveva compiere da Tokio a Roma in una quindicina di giorni. Gli imprevisti, come si vedrà, non mancarono, e mi fecero perdere cinque o sei giorni.
Alla vigilia della partenza mi arrivò da Shanghai un pacco postale contenente la macchina fotografica ed il mio apparecchio cinematografico che, per una falsa interpretazione delle disposizioni date a Manilla, mi vennero respinti a Tokio dal Console di Shanghai. Ciò mi mise in imbarazzo, perchè in Giappone era rigorosamente proibito di portare a bordo simili apparecchi. D'altra parte non volevo privarmene, desiderando prendere qualche fotografìa al ritorno. Invece non potei far nulla perchè le lastre, deteriorate, andarono tutte perdute. I Giapponesi questa volta mi permisero gentilmente di portare con me gli apparecchi in pacchi sigillati.