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Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Francesco De Pinp.do
   giapponese, e un mio compagno di tavola, segretario all'Ambasciata di Tokio, mi raccontò di aver assistito ad un pranzo cinese nel quale, tra l'altro, fu servito uno scimpanzè vivo, a cui venne spaccato il cranio con un martello d'argento; ogni commensale prendeva con un cucchiaino un pezzetto del cervello ancora fumante. Questa, egli mi disse, era una pietanza gustosissima. Sarà, ma fortunatamente la cucina giapponese non giungeva a queste raffinatezze.
   Il pranzo giapponese era caratterizzato inoltre da un'ottima consuetudine: i discorsi erano pronunziati al principio del pasto, in modo che quei poveretti obbligati a fare dei brindisi, potevano poi far onore tranquillamente alle pietanze. Trovai questa usanza molto pratica, e degna di essere adottata anche da noi. Altrove mi era avvenuto spesso durante il viaggio, sedendo come sempre al posto di onore, di essere vicino a un personaggio che durante il pranzo masticava, più che altro, l'imminente discorso. Io mi trovavo nelle stesse condizioni, e ogni tanto parlavamo insieme di cose indifferenti; ma era evidente che nessuno dei due faceva attenzione a quello che diceva l'altro, rimuginando ciascuno nel proprio cervello il brindisi da pronunciare alla fine.
   Il servizio durante il pranzo veniva disimpegnato da imo stuolo di «t geishe », che tra una portata e l'altra eseguivano delle danze caratteristiche. Queste ragazze sono appositamente reclutate, nella più tenera età, specialmente tra le famiglie povere. Una volta erano addirittura poste in vendita, ma ora la compra e vendita non è più ammessa. Esse sono educate poi in speciali istituti, dove .imparano letteratura, canto, musica e danza; e si dedicano a quella delle arti per cui hanno maggiore inclinazione. Non mancano scuole assai rinomate, da cui escono le artiste migliori. Quando la loro educazione è completa, le « geishe » entrano in funzione con i loro canti e le loro danze, sia in occasione di feste religiose nei templi, sia per il più profano scopo di allietare i convitati in feste private o in pubblici banchetti. Si imbellettano molto, e con la gran polvere di riso con cui si coprono il volto, con quel rosso carico con cui marcano le labbra, con le loro capigliature enormi, veri monumenti architettonici, decorati di fiori artificiali e messi