Stai consultando: 'Un volo di 55.000 chilometri ', Francesco De Pinedo

   

Pagina (204/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (204/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   196
   Francesco De Pinp.do
   mente al lavoro e nel pomeriggio di domenica il motore era già a terra. Furono smontati i serbatoi e tutti gli accessori nonché i cavi di comando dei timoni e degli alettoni, che non erano stati toccati dal principio del viaggio. Essi furono trovati in ottime condizioni.
   Anche lo scafo, pur essendo un po' sporco, un po' stinto per le lunghe permanenze in acqua, era sempre forte e robusto come alla partenza dall'Italia.
   Mai fino allora uno scafo volante era stato sottoposto ad uno sforzo così continuato e in così differenti e difficili condizioni di clima e di temperatura: credo che anche i più scettici sulla praticità dei mezzi aerei non avranno nulla da eccepire.
   La domenica sera, così, tutto era pronto per incominciare i lavori di pulizia interna e di verniciatura, che il Comandante dell'Idroscalo di Kasumigaura offrì gentilmente di far eseguire dai suoi uomini.
   Il 28 ci recammo a Tokio, tranquilli oramai nei riguardi dell'idrovolante. Ripercorremmo, così, in treno una parte della strada che avevamo fatta in volo, trovandosi Kasumigaura a Nord-Est di Tokio. Fummo ricevuti alla stazione dal Generale Naga Oku, presidente della Società Reale di Aviazione, e da altre autorità. Una fanciulla giapponese, figlia di un ammiraglio, ci tenne un grazioso discorso in Francese a nome della società di aviazione. Era la prima volta che mi capitava durante il mio viaggio di ricevere un saluto di tal genere, che mi fece un'assai gradevole impressione.
   Fummo alloggiati all'Albergo Imperiale, ospiti per i primi giorni del Ministero della Marina.
   Questo albergo era una strana costruzione a prova di terremoto, di stile babilonese, in mattoni e travertino. Esso aveva ricevuto il collaudo dall'ultimo terremoto che distrusse a metà la capitale dell'Impero; il monumentale edificio dell'albergo aveva resistito alla terribile prova, col solo danno di qualche pavimento un po' avvallato e qualche rottura di stoviglie.
   Lo stile non era molto allegro, poiché, entrando nella « hall », sembrava di trovarsi nell'interno del tempio funebre di un cimitero. Le stanze erano piccole come celle e nei minimi dettagli dei mobili, dei cortinaggi, dei tappeti, delle luci, degli oggetti più