Stai consultando: 'Un volo di 55.000 chilometri ', Francesco De Pinedo

   

Pagina (188/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (188/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   182
   Francesco De Pinp.do
   Le nubi si ammassavano enormi sulla sinistra della rotta; poggiai leggermente sulla destra, dove essè erano più alte e la pioggia meno fitta.
   Alle 8.20 lasciai le Isole Batan.
   Verso le 9 intravidi per un momento il profilo dell'Isola di Tobago, presto nascosta da nembi grigi. Ma quella breve interruzione mi fu sufficiente per rendermi conto della posizione e del cammino.
   La zona più impervia-e desolata era superata ormai.
   Il tempo, a misura che mi avvicinavo a Formosa, diveniva più asciutto e più calmo. Intrawidi qualche veliero ed un piroscafo. La costa appariva brulla e deserta, scendendo con forte declivio sugl'acqua; qua e là si vedevano vallate profonde come burroni; immensi spacchi nelle rocce segnavano il cammino di qualche torrentello.
   Alle 10.30 ero presso Karenho, piccola rada dove avevo inviato un po' di benzina per rifornirmi qualora il vento da Nord mi avesse troppo ridotta la velocità; ma il cammino finora era stato abbastanza agevole, e proseguii.
   Alle 11 ero all'altezza di Giran dove, secondo le prescrizioni ricevute dal Governo Giapponese, avrei dovuto abbandonare la costa per attraversare davEst ad Ovest l'Isola di Formosa, perchè -la parte dell'isola a Nord del parallelo di Giran era zona proibita.
   Grossi strati di nuvole coprivano le montagne; non potevo così prevedere quali sarebbero state le condizioni del tempo dall'altra parte dell'isola, nè era da pensare a far quota per passare 'sulle nuvole perchè esse arrivavano, per quanto potevo giudicare, fin oltre i 5000 metri e non era il caso di forzare eccessivamente il motore.
   Continuai così lungo la costa, passando al largo delle acque territoriali, come è permesso dalle convenzioni internazionali, per essere in regola con i Giapponesi.
   Alle 12 cirea ammarai a Tam-Sui.
   Qui avevano fatto grandi preparativi per il mio arrivo ed avevano perfino delimitata una zona di acqua, dove io avrei dovuto ammarare, mediante quattro « sampan » ancorati, ognuno dei quali