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Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Francesco De Pinedo
   Furono stabiliti cinque giorni di cerimonie ufficiali, che poi diventarono sette, e dalle 9 di mattina, qualche volta più presto, io non ero più padrone di me stesso fino alla mezzanotte. Non mi era permesso di recarmi in albergo altro che per il tempo strettamente necessario per cambiarmi di abito.
   Talvolta la sera ero più stanco che alla fine di una di quelle giornate di lotta con gli avversi elementi della natura.
   Il Generale Wood, Governatore delle Isole Filippine, mi trattò con grande benevolenza e cordialità e manifestò in vari modi il suo interessamento al mio viaggio e il suo sincero desiderio di sapere il mio volo coronato da pieno successo. Anche il Generale Mac Rae, Comandante delle forze d'occupazione, e l'Ammiraglio Comandante delle unità navali, mi furono larghissimi di ospitalità ed aiuti. Don Miguel Romualdez, il simpatico alcade di Manilla, ed il Console italiano Dottor Gliezzi furono con me dei veri amici.
   Non accennerò pertanto neppure alla serie di banchetti e di visite con cui tale coro di simpatie ebbe la sua forma tangibile.
   Alla fine dei sette giorni di banchetti ufficiali cominciò la serie degli inviti privati e... credo ce ne sia ancora qualcuno insoddisfatto.
   Gli aviatori americani furono con me dei buoni camerati. Raramente mi è capitato di incontrare una simile compagnia di bravi ragazzi dal cuore aperto, così affiatati e gioviali. Invitato a visitare il campo di aviazione terrestre presso Manilla (campo Nichols), vi trovai tutti gli apparecchi schierati, li passai in rivista, e assistei in volo, su uno di essi, ad una piccola tattica. Ammirai molto lo stile delle evoluzioni e lo stile dei piloti, tutti ottimi, senza nessuna eccezione.
   A bordo era obbligatorio il paracadute, ed il tipo regolamentare in uso era molto semplice e pratico. Non aveva nessuna parte in metallo ed era contenuto tutto in una busta di tela situata sul sediolino a mo' di cuscino. Le tirelle con cui veniva fissato al corpo non davano alcun fastidio. Mi mostrarono una statistica, da cui risultava che dopo l'adozione regolamentare del paracadute si erano salvate centinaia di vite. In casi di atterraggio forzato di dubbia riuscita, come nella nebbia o sulle montagne, era prescritto di abbandonare l'apparecchio e discendere col paracadute.