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Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   tiri volo di 55.000 chilometri 163
   di un piccolo motoscafo ci recammo in un posto dove, secondo ci dissero, c'era più acqua.
   Questo rimorchio non fu molto agevole per le numerosissime barche da pesca che ingombravano il porto; e prese molto tempo, tanto che prima che fossimo pronti si scatenò su di noi l'uragano, sotto cui eravamo quella mattina passati in volo. Un primo risultato delle forti raffiche si ebbe nella rottura del cavo dell'ancora.
   L'apparecchio rimase così alla deriva al vento e al mare ed andò a finire sopra i pali di un ostricaio, riportando qualche buco nella tela delle ali. In questo momento critico il motoscafo fece avaria al motore. Venne allora una lancia a remi, dove erano buoni vogatori, e con questa potei togliere l'apparecchio dai pali dell'ostricaio e metterlo a rimorchio di una grossa barca a Vapore, dove erano riunite alcune autorità per darci il benvenuto. Ci avviammo così sotto la pioggia e fra onde torte e rabbiose verso un bacino dove l'apparecchio avrebbe potuto trovare un tranquillo ricovero. Ma il vento e la pioggia aumentavano sempre più, e poco dopo si spezzò di nuovo il cavo di rimorchio.
   L'apparecchio andò a battere sotto le murate d'un piroscafo alla fonda. Io, dal rimorchiatile, lo vidi quasi perduto, perchè la coda aveva ricevuto due o tre colpi violenti sotto la nave.
   Fortunatamente i timoni erano bloccati in centro e non ne risultarono forti avarie, come certamente sarebbe avvenuto se i timoni fossero stati anche solo leggermente alla banda. Quando riuscii a prendere di nuovo l'apparecchio a rimorchio, un filippino, j>er dare più presto il cavo di ormeggio, fece un salto sulle ali, credendo che fossero di ferro. Gli feci un urlo così forte e così Convincente, che il povero diavolo, il quale, appena arrivato sul-' l'ala si era accorto praticamente che essa era invece di tela, non trovò altra soluzione che quella di buttarsi in mare. V Come Dio volle, riuscii a portare l'apparecchio, sempre sotto • la pioggia, nella piccola darsena, dove poteva rimanere in calma. ^jL'ormeggiai vicino terra; ma non appena finita questa terza ma-; novra, mi dissero che il posto era poco adatto perchè vi erano molte pietre che, per la bassa marea, avrebbero potuto danneggiare lo scafo. Cambiai quindi ormeggio per una quarta volta.