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Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   j Un volo di 55.000 chilometri
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   metropoli moderna e civilissima. Esiste perfino a Batavia un Aeroclub, che si propone l'incremento della comunicazioni aeree tra le isole. Il presidente dell'Aeroclub, durante un banchetto in nostro onore, mi espose i suoi progetti di linee aeree, progetti che avevano suscitato molte e vivaci discussioni, specialmente circa i velivoli da adottare, se aeroplani o idrovolanti. Gli dissi che erano preferibili gli idrovolanti, tenuto conto che le isole, essendo ricche di insenature e di porti, avrebbero permesso con poca spesa di assicurare l'approdo degli idrovolanti quasi dappertutto, mentre non vi era la stessa possibilità adoperando aeroplani. Seppi di poi che si erano attenuti a questo avviso.
   Il giorno 26 maggio trascorse in lavori vari al motore e allo scafo per mettere bene in ordine l'apparecchio, prima di affrontare il passaggio del mare di Timor.
   Il 27 maggio di buon'ora andai a Tanjong Priok, dove si erano anche recati l'Ammiraglio Olandese, il Console e tutta la Colonia Italiana per salutarci.
   Alla partenza avvenne un incidente che per poco non ebbe gravi conseguenze. La manetta del contatto sembrava fosse allo zero, viceversa era spostata di qualche decimo di millimetro, e quindi, non appena Campanelli toccò l'elica per dare la compressione, il motore partì improvvisamente; e s'egli non fosse stato molto svelto a gettarsi indietro e saltare in acqua, avrebbe potuto essere sfracellato dall'elica; invece per la sua presenza di spirito se la cavò soltanto con un involontario e non gradito bagno.
   Quelli che erano attorno in attesa di vederci partire, impressionati dell'accaduto, non avevano messo in dubbio che il motori* sta si fosse ferito; ma quando lo videro nuotare come un pesce, con il suo bravo cappello a fungo sulla testa, se ne rallegrarono vivamente.
   Campanelli riuscì ad issarsi a bordo con qualche fatica a causa dei vestiti bagnati, e io non fui tranquillo finché non lo vidi completamente all'asciutto, poiché temevo i pescicani.
   Ritardai la partenza per permettere a Campanelli di cambiarsi, e così alle 12 lasciai Batavia, dirigendo direttamente su