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Francesco De Pinedo
La mattina dopo pensai bene di imbarcare ancora un po' di benzina, dato l'eccessivo consumo cbe ne avevo fatto il giorno precedente. Era benzina da automobile, l'unica che si trovava nel paese.
Pioveva di nuovo insistentemente.
— Si avanza un fortunale! — esclamò ad un tratto lo scozzese che era con noi.
Mi voltai e vidi verso libeccio il mare bianco di spuma, il cielo nero, mentre rovesci di pioggia, ancora più fitta, s'avanzavano rapidamente. Mi detti subito da fare per rinforzare gli ormeggi, aiutato dallo scozzese e mi preparai a ricevere la tempesta,
Jn pochi minuti ci fu addosso.
Disgraziatamente l'apparecchio non presentava la prua al vento, il che sarebbe etato meno grave, bensì alla corrente, prendendo il vento a circa 50° dalla poppa: cosa molto pericolosa. Raffiche furiose lo investivano con violenza sotto le ali, e ad un colpo più forte l'ala di sottovento si immerse in acqua. Temetti che l'apparecchio si capolvolgesse. Mi aggrappai allora con tutte le mei forze all'ala di sopravvento col mio amico scozzese, e sporgendomi dalla poppa del motoscafo mi riuscì di raddrizzare l'apparecchio; ma causa le onde corte e rabbiose, bisognava fare sforzi erculei per evitare una collisione col motoscafo.
H minimo urto poteva essere fatale, producendo avarie irreparabili.
Passai una mezz'ora d'ansia e di fatica indicibili.
Sulla poppa dell'imbarcarzione sorgeva una tuga di legno, ricoperta da tela incerata, su cui si sdrucciolava molto facilmente. Ci fu un momento in cui per non cadere in acqua afferrai l'asta della bandiera, ma questa, ch'era fissata per mezzo di una debole ghiera, mi restò in mano. Non andai in acqua per miracolo, ma caddi sulla coperta, dove le sottili viti della ghiera mi penetrarono nelle carni. In quel momento ero tanto preoccupato per la salvezza del mio apparecchio, che non me ne accorsi neppure. Tutto questo si svolgeva sempre sotto una pioggia torrenziale. Lo