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   Francesco De Pinedo
   ' prudente di proseguire. Allora rettifico la rotta per Mergui, su cui ero passato poco prima e che, visto dall'alto, m'era parso un posto buono per ammarare; penso che potrei trovarvi aiuto e ricovero. Alle 17.10 circa ammaro a Mergui.
   Come al solito, dopo l'ammaraggio cominciano le mie tribolazioni, dovute alla fortissima corrente. L'àncora n    Chiamo vigorosamente e disperatamente un battello, e da questo faccio assicurare una fune ad un rimorchiatore che è alla fonda di prora al piroscafo, evitando in tal modo il pericolo di una collisione.
   Tutto questo avveniva fra una moltitudine di battelli gremiti di curiosi, che gesticolavano, gridavano, schiamazzavano. Una di quelle imbarcazioni venne a investirci sotto le ali, facendoci alcuni buchi nella tela con le sue scalmiere. Non sto a ridire le violente apostrofi con cui la investimmo noi!
   Intanto da bordo del rimorchiatore alcuni marinai alavano la fune. Ma, così oberando, fecero venire in forza il cavo della mia àncora, il quale non aveva lunghezza sufficiente; diedi quindi ordine che si fermassero. Essi invece capirono il contrario; così il cavo dell'àncora si tese tanto che ruppe il gancio con cui era assicurato a bordo. Fortunatamente avevo messo al cavo una ritenuta per non perderlo in caso di rottura, e feci quindi in tempo ad affidarlo ad un battelliere, incaricandolo di salparmi l'àncora. Mi ormeggiai allora di poppa al rimorchiatore, in una zona relativamente più calma. Qui nuovi urli, nuovo affaccendarsi per i numerosi battelli accorsi, che facevano corona all'apparecchio.
   Macchina strana, per loro: mai Vista!
   Un altro battello venne anche qui a finire sotto le ali del velivolo, facendo qualche altro buco nella tela.
   Si potè ora spiegare la ragione perchè l'àncora, che prima arava così allegramente, aveva poi fatto testa così bene : essa, mentre mi alavano dal rimorchiatore, si era incattivata con quella del