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Francesco De Pinedo
— « Commander! Commander! »
Mi sveglio di soprassalto e ho l'idea che l'apparecchio abbia urtato contro il rimorchiatore, essendo questa la mia preoccupazione, O che qualche cosa di più grave sia avvenuto. Faccio perciò, come sono, in « pijama », un salto fuori del piccolo quadrato dove dormiamo. Nella furia e nell'oscurità picchio la testa contro l'arco della porta.
Giungo fuori trattenendo tra i denti un'imprecazione, e mi trovo davanti ad un battello, dove sono due signore inglesi che parlano molto bene l'italiano e che sono venute per condurmi nientemeno che a ballare.
Francamente, non ho il coraggio di accettare l'invito, perchè sono troppo stanco e non voglio allontanarmi dall'apparecchio, che ha bisogno di essere sorvegliato da vicino. Tanto più, che il rimorchiatore che ci ospita, nella bassa marea resta in secco, poggiando sul fondo, e all'inizio dell'alta marea, non appena a galla, cambia bruscamente direzione, col pericolo che l'apparecchio venga a sbattere sotto le murate.
Abbiamo un lungo dialogo, io in «e pijama », dal rimorchiatore, e le signore in « toilettes » da ballo nel battello, alla scarsa oscillante luce di un l'anale di bordo.
— Vi aspettavamo da tre giorni — mi dicono. — Ogni giorno, per vedervi arrivare, siamo venute qui dalla nostra casa, che è a 30 chilometri di distanza. Solo oggi non siamo venute perchè pioveva, e credevamo che non arrivaste.
— Vi prego di scusarmi del ritardo —• dico loro. — Non sapevo che Tavoy ospitasse delle così amabili dame; altrimenti avrei cercató di essere puntuale.
Una di esse sorride maliziosamente. L'altra continua con grazia insistente :
— Venite a ballare con noi al Club. C'è una piccola festa.
— Mi rincresce. Ma abbiamo già avuta una festa qualche notte fa ad Akyab, sotto la pioggia, sulle panche vellutate di un motoscafo, e, capirete, questa notte dobbiamo fare i bravi ragazzi. Poi c'è e Gennariello * che non vuol essere lasciato solo.