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Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Francesco De Pinedo
   4
   Alle 9 faccio rotta e lascio la costa, dirigendo per il rombo di bussola 120.
   Mi trovo tra le nuvole fra i 500 e 1500 metri. Dopo un'ora di navigazione il tempo diventa minaccioso; forte vento a raffiche, pioggia, nuvole basse fino quasi a toccare l'acqua.
   Prima tento di passare sotto le nùvole, ma l'apparecchio è troppo tormentato dai turbini; rifaccio quota, e mi trovo in pieno temporale. Volendo schivare ima burrasca più forte, dirigo verso levante, dove vedo più chiaro. Per il vento fortissimo mi trovo in pochi minuti sopra terra a circa 30 km. dalla costa, fra nuvole dense. A un certo punto vedo sbucare tra di esse e sotto di me un altissimo picco. Vedo dalle carte che vi sono altre montagne molto alte, nascoste, alla mia vista da nuvole tanto fitte che è difficile navigare nelle poche zone libere. Mi decido di far rotta dentro di esse per raggiungere la costa. Per giunta avverto al motore piccole irregolarità che dipendono dalle candele. La situazione è veramente poco piacevole.
   Dentro le nuvole l'umidità è così densa che gli strumenti si ricoprono di un velo d'acqua condensata, non si vedono quasi le estremità delle ali, e mi è difficile mantenere la rotta.
   Ogni tanto mi trovo con l'apparecchio molto picchiato e una volta perfino finisco per fare un completo giro di orizzonte, perchè con un governo troppo irregolare la bussola impazza, ed è difficile mantenere la direzione.
   Dopo una mezz'ora di questa penosa situazione, esco dalle nuvole e giungo sulla costa. Respira tranquillo.
   Vedo giù l'estuario di un fiume abbastanza largo, e senza indugio ammaro in esso per procedere alla pulizia delle candele e attendere condizioni atmosferiche migliori.
   Non appena fermato il motore ed affondata l'ancora, siamo deliziati da un altro uragano, che però passa in un quarto d'ora; subito dopo curiose imbarcazioni di indigeni mi circondano da ogni parte, tenendosi, fortunatamente, a rispettosa distanza.
   Questi Birmani hanno un copricapo assai strano: un grande cono di paglia, a larga base; più che un cappello è un paracqua. Si capisce anche da questo che la Birmania è la terra delle piogge.