Stai consultando: 'Un volo di 55.000 chilometri ', Francesco De Pinedo

   

Pagina (57/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (57/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   IIn volo di 55.000 chilometri
   59
   10 avrei voluto partire quel giorno stesso. La benzina era arrivata, da poche ore sì, ma era arrivata. E questo era l'essenziale.
   Non perdemmo davvero tempo: si lavò il motore col petrolio, si pulirono le candele, si regolarono le valvole.
   Gli astanti facevano di tutto per aiutarci, ma aumentavano invece la confusione. Un frate domenicano dalla barba fluente ci aiutava per gli ormeggi; un maestro di scuola aiutava a pulire il motore; tutti si affaccendavano, mentre alcuni monelli salivano sullo scafo per tuffarsi poi nell'acqua, saltando dalla coperta.
   Alle 12.30 esco col motore dal canale. Siamo a 41° all'ombra. La forte temperatura determina una rarefazione dell'aria, che ostacola grandemente il decollaggio. Dopo un tentativo durante il quale prendo forti incappellate senza riuscire a decollare, rientro a rimorchio. Abbiamo speso inutilmente tre ore per la manovra, e torniamo a terra, ancorando l'apparecchio presso il deposito della Asiatic Petroleum Company. Siamo in condizioni pietose, per il caldo, il sudore e la fatica.
   Dopo essere stati cortesemente ospitati dagli impiegati della Asiatic Petroleum Company, ci rechiamo nei nostri alloggi per una breve siesta. Ma fu anche troppo breve.
   Avevo appena chiuso occhio, quando sono destato dal rumore di porte che sbattono violentemente, di alberi che stormiscono, di gente che corre e che grida. Qualche tegola non bene assicurata vola giù dai tetti, precipitando con fracasso. L'acqua viene giù a rovesci.
   11 sole, poco fa splendente, è ora nascosto da nuvoloni neri e cupi, illuminati a sprazzi dal vivido chiarore di scariche elettriche.
   Preoccupatissimo per l'apparecchio, infilo alla meglio giacca e pantaloni e mi precipito sul canale.
   L'apparecchio si è avvicinato pericolosamente a terra. Aiutato da alcuni indigeni, agguanto le ali per scostarle da terra. Campanelli in tutta fretta ricopre con cappe il motore.
   È una mezz'ora molto penosa. La bufera intanto passa su di noi, inondandoci ed investendoci con aspre e pungenti folate di vento.