IIn volo di 55.000 chilometri
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tano anelli alle orecchie ed hanno il viso decorato con qualche segno di pittura rossa.
Sono obbligato a lavorare coi gomiti per farmi largo. Arrivato al garage, che è poi una semplice tettoia di foglie, il mio cicerone-mi presenta la macchina, una vecchia sconquassata motocicletta. Delusione! La provvista di benzina ammonta a circa 12 litri, e me ne occorrerebbero invece un centinaio!
Seguito a girare per trovare dell'olio. In un bazar, dove vendono articoli farmaceutici, trovo ed acquisto 40 bottiglie d'olio di ricino da un quarto di litro, destinate naturalmente a ben altro uso.
Con questo materiale torno a bordo, dove verifico che abbiamo ancora benzina sufficiente per un'ora di volo. Metto l'olio nel serbatoio, ma sono vivamente preoccupato perchè la benzina è insufficiente per arrivare a Coconada e non so se e dove ammarare prima.
Ad un tratto scorgo sulla riva una signora bianca, piuttosto anziana, che fa grandi saluti. Ritorno a terra. È una missionaria australiana, l'unica bianca esistente nel paese. Essa mi informa che a Rajahmundry, verso la foce del Godaveri, troverò probabilmente della benzina da automobili, ed acqua aufficiente per ammarare.
Alle 16.45 metto in azione il motore; rischio di rompere un'ala contro la riva, mentre vado a prendere una buona posizione per la partenza; ma l'apparecchio è molto leggero, e decollo facilmente in curva.
Il cielo torna minaccioso. Poco dopo Dummaguden, il fiume diventa stretto e tortuoso, ma varii affluenti aumentano le sue acque.
Comincia a piovere; l'acqua ci accompagna fino sopra Rajahmundry, dove vedo con piacere che si può ammarare convenientemente. Alle 17.50, quando il sole è già al tramonto, ammaro presso il ponte ferroviario, dando fondo alla mia àncora.
Il nostro arrivo suscita una grande emozione nel paese, dove non hanno mai veduto una macchina da volo. Mentre io flotto lungo la riva, gli indigeni accorrono; e gesticolando ed urlando, formano in terra una strana processione che marcia di pari passo