Stai consultando: 'Un volo di 55.000 chilometri ', Francesco De Pinedo

   

Pagina (52/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (52/300)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   54-
   Francesco De Pinedo
   lare il consumo dell'olio e della benzina, dato anche che in molti punti, sia per il cattivo tempo, sia per salire di pių, avevo tenuto il motore ad un regime superiore a quello economico. Vidi segnata sulla carta una linea tranviaria, che da Dummaguden volgeva al Sud. Pensai che lė avrei potuto trovare della benzina e dell'olio; e mi ripromisi di planarvi, se ne avessi avuta la possibilitā. Alle 15.15 mi trovavo sopra Dummaguden. Qui il letto del Godaveri si divideva in due rami, dei quali uno, sbarrato da una diga, presentava un tratto, della lunghezza di circa 300 metri e della larghezza da 40 a 60 mčtri in leggera curva, dove era possibile ammarare con la dovuta attenzione.
   Ancora pių verso Sud, il tempo appariva maggiormente scuro, per un forte temporale. Decisi pertanto di ammarare, e presi acqua sul ramo di fiume che ho descritto.
   -Non appena do fondo all'āncora, la riva si riempie di una folla di indigeni, curiosi e stupiti. Essi non avevano mai visto un aeroplano nč da vicino nč da lontano.
   Vado a terra e tento invano di spiegarmi con loro: non parlavano che l'indostano. Ma ecco che uno di essi, piccolo e muscoloso, si avanza dal gruppo. Grazie a Dio, balbetta qualche parola d'Inglese. Egli č felice d'essere assunto alla dignitā di interprete, ed ogni qualvolta riesco a farmi comprendere vedo i suoi occhi mobilissimi accendersi di viva luce. Gli chiedo dove sia la stazione del tram, nella speranza di trovarvi qualcuno col quale spiegarmi meglio. Ma la linea, purtroppo, esisteva solamente sulla mia carta. Domando allora della benzina, ed egli mi conduce nello stambugio di un droghiere. Questi aveva solo petrolio da illuminazione. Chiedo ancora, pių con gesti che con parole, se non esiste nel paese nessun proprietario di automobili. Sembra di sė! Alla buon'ora, troverō anche della benzina!
   Mi incammino con il mio cicerone interprete, tutto speranzoso, seguito sempre da un codazzo di indų grandi e piccoli, che mi si accalcano intorno, guardandomi come una bestia rara e soffiandomi sul viso il loro alito non precisamente profumato.
   Sono tutti seminudi, di carnagione assai prossima al nero, por-