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Un volo di 55.000 chilometri

Francesco De Pinedo
A. Mondadori Milano, 1927, pagine 287

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   46-
   Francesco De Pinedo
   un banco di sabbia, proprio nel mezzo del fiume; prendemmo il bagno al chiaro di luna, e cenammo poi sull'isoletta sabbiosa. Dovemmo però interrompere in fretta la cena, perchè la marea saliva, minacciando di sommergere il nostro accampamento, e concedendoci appena il tempo di mettere in salvo noi e le stoviglie.
   Sarebbe stato di prammatica iniziare al chiaro di luna un « flirt » con una delle gentili compagne; ma io avevo altro per la testa e pensavo al Gange e al Godaveri.
   — Siete celibe? — mi domandò una delle signorine.
   — No — risposi, cercando di assumere un aspetto molto serio. — Ho moglie e dodici figli.
   Mi avvidi che questa risposta mi fece subito diventare un •oggetto poco interessante.
   Era mia intenzione di seguire attraverso l'India la rotta lungo il fiume Indo, il Jumma e il Gange; ma l'esecuzione di tale progetto era subordinata alle informazioni che avrei potuto ottenere in Karachi, dalle autorità competenti inglesi, circa la possibilità di ammaraggio a Bawalpur, a Delhi e a Benares. Tuttavia il Comandante Hicks non mi potè fornire esaurienti notizie al riguardo. Mi disse solo che nella stagione in corso quella rotta era sconsigliabile per le frequenti tempeste di sabbia, che avevano una grande estensione e potevano impedire completamente, per parecchi chilometri, la visibiltà della terra dall'alto. Inoltre i fiumi erano in piena per il disgelo, ed erano pericolosi per la forza della corrente e l'abbondanza del materiale galleggiante trascinato.
   Egli non poteva dirmi nulla circa la possibilità di ammaraggio nelle città da me scelte, perchè in India non erano usati gli idrovolanti, ma solamente gli apparecchi terrestri.
   Per avere notizie più sicure, avrei dovuto attendere molto tempo. Ma non volli prolungare la sosta, e mi decisi perciò per la rotta Bombay-Cocanada, dove pure, per ogni buon fine, avevo inviato rifornimenti.
   A Karachi faceva un caldo opprimente, ma negli alberghi si stava abbastanza bene, perchè, appunto per mitigare l'afa, i letti stavano tra la oorrente di finestre opposte e sotto un grande ventilatore. Si potava così dormire senza soffrire eccessivamente &