Stai consultando: 'Vite degli Eccellenti Comandanti ', Cornelio Nipote

   

Pagina (101/105)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (101/105)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Vite degli Eccellenti Comandanti

Cornelio Nipote
Casa Editrice Sonzogno Milano, 1927, pagine 104

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   XXV. T. POMPONIO ATTICO. * 101
   zlone a lui diversi. Dopo di aver accresciuto di tanto il suo patrimonio, niente mutò delie cotidiane spese, nè dell'usato trattamento: e fu cosi moderato, che né'con due milioni di' sesterzi ereditati dal padre fu poco splendido, nè con dieci visse in maggior lusso di quel che facesse dianzi : e nell'una e nell'altra condizione non cangiò punto di figura. Non ebbe verun giardino, nè villa sontuosa o suburbana o marittima, nè in Italia ebbe podere alcuno rusticano, dall'Ardeatino e dal Nomentano in fuori: e tutto il danaro di sua entrata lo ricavava dalle possessioni di Epiro, e da' fondi in città. Dal che si può comprendere eh egli era solito misurar il pregio del de nsro, non dalla copia, ma dalia maniera di spenderlo.
   XV. La bugia nè la diceva, nè -la poteva soffrir^. La sua piacevolezza non era senza severità, nè la sua pravità senza affabilità; talmente che era difficil cosa il''discernere, se gli amici più gli portassero di rispetto o di amore. Qualora veniva di qualche cosa richiesto, prometteva con gran riguardo; perciocché stimava esser cosa non da liberale ma da leggiero il promettere ciò che uon poteva mantenere. Nel procurar l'esito di ciò, in cui si fosse una volta impegnato, adoperava tanta sollecitudine, che sembrava che facesse non gli altrui interessi, ma i proprii. Non ritirossi mai da un affare intrapreso : imperciocché era di parere che in quello consisteva la sua riputazione, di cui non avea cosa più cara : quindi ne avveniva ch'ei maneggiasse tutti gli affari di Marco e di Quinto Ciceroni, di Catone, di Mario, di Q. Ortensio , di Aulo Torquato, e di molti altri cavalieri romani. Dal che si potea giudicare, che non per dappocaggine, ma per ragione s'era egli ritirato da' maneggi pubblici.
   XVI. Della sua gentilezza non posso addurre maggior prova di questa, che egli giovane a Siila vecchio fu graditissimo, e vècchio fu graditissimo a M-. Bruto giovine, e coi suoi coetanei Q. Ortensio e M. Cicerone, visse in maniera che difficil cosa è giudicare a qual età si sapesse meglio adattare: se non che amollo più di tutti Cicerone, a segno che neppure, il fratello gli fu di Attico più caro o più famigliare. Di questo fanno fede, oltre que' libri ne' quali di lui fa menzione, che sono divulgati, i sedici volumi di lettere, dal suo consolato sino all' ultimo di sua vita, mandate ad Attico. Le quali lettere, a chi le legge, poco lasciano a desiderare circa l'istoria compiuta di que' tempi. Imperciocché tutto vi è talmente espresso ciò che appartiene alle gare de' più potenti, ai vizii dei capitani, e alle mutazioni della repubblica, che non v'ha cosa che chiara, non sia e facilmente si può giudicare, che la prudenza sia in certo modo arte d'indovinare. avendo Cicerone non solo predette quelle cosa,